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Alla ricerca della Materia Prima: storia e segreti dell’alchimia

19 Febbraio 2020 gian-tucc 5 min read

Alla ricerca della Materia Prima: storia e segreti dell’alchimia

19 Febbraio 2020 Neville 5 min read

L’alchimia è un’arte esoterica strettamente correlata alla magia.

Ma quale è stata, nel corso dei secoli, la storia di questa disciplina così misteriosa e affascinante?

Alchimia, magia, metalli e animo umano

Alchimia e magia sono strettamente correlate: le due arti, che hanno entrambe a che fare con l’esoterismo, nacquero con il preciso scopo di garantire all’uomo il dominio sui fenomeni naturali. Non è un caso che l’alchimia rivesta un ruolo significativo anche nella saga di Harry Potter: oltre a essere una delle materie facoltative che è possibile studiare a Hogwarts, l’alchimia è la disciplina che garantì la fama a Nicolas Flamel (personaggio storico realmente esistito).

Più in particolare, l’alchimia si proponeva di giungere alla trasmutazione di alcuni metalli (“metalli vili”) in “metalli nobili” (oro e argento); al di là di tale aspetto pratico – in virtù del quale l’alchimia può essere considerata la preistoria della chimica e una disciplina vicina alla fisica –, la scienza alchemica aveva anche un significato metafisico o comunque filosofico, dal momento che, di fianco alla trasformazione degli elementi metallici, il compito di tale arte era anche quello di condurre lo studioso-operatore (alchimista) a un’umanitànobile”, “aurea”, emancipata da impurità e corruzioni, attraverso un simile processo trasmutativo di carattere psico-fisico.


Gli obiettivi dell’arte alchemica e il dialogo con la Natura

Tenendo conto di tale aspetto fondamentale, si comprende quali erano i principali obiettivi degli studiosi di alchimia:

  • conquistare l’onniscienza;
  • creare un rimedio (“panacea universale”) per curare tutte le malattie, rendere l’umanità incorruttibile e garantire agli uomini una vita illimitata;
  • giungere, attraverso la trasmutazione di metalli e altre sostanze, alla scoperta della pietra filosofale.

Gli alchimisti si proponevano di raggiungere tali obiettivi studiando presunte corrispondenze, affinità e influssi fra ogni componente (visibile e invisibile) del cosmo. Nell’universo alchemico, difatti, ogni realtà era correlata a ogni altra: l’Universo era un solo grandioso organismo vivente, permeato da uno spirito divino che univa macrocosmo e microcosmo in una fitta rete di corrispondenze. Date tale premesse, la fisica alchemica si presentava non tanto come un sistema conoscitivo, quanto invece come un dialogo con la Natura, della quale gli studiosi conoscevano ritmi, particolarità, tempi e caratteristiche, e dalla quale intendevano recuperare la Materia Prima, una “protomateria” originaria alla base di ogni forma visibile.


Le confuse origini dell’alchimia

Le origini dell’alchimia si confondono nella notte dei tempi. Teorie e pratiche che possono essere definite “alchemiche” sono attestate sin dall’Antichità sia in Oriente che in Occidente; tuttavia, è praticamente impossibile stabilire se tali manifestazioni culturali derivassero da un comune nucleo originario o se si configurassero come autonome forme di pensiero con numerose affinità.

Quel che è certo è che le prime testimonianze scritte di ricerche alchemiche (testi egiziani in greco, testi indiani e testi cinesi) risalgono al III-IV secolo d.C.; occorre però specificare che tali scritti non costituiscono altro che l’“ufficializzazione” di dottrine decisamente più antiche (risalenti alla Preistoria, per certi aspetti), gelosamente trasmesse in forma orale per secoli e secoli.


I segreti dell’alchimia attraverso il Medioevo

L’Europa conobbe l’alchimia attraverso la mediazione araba: gli Arabi “filtrarono” le varie dottrine diffusesi in Oriente e tradussero diversi testi che, durante il Medioevo, furono recuperati e assimilati dagli alchimisti europei.

Questi ricondussero la nascita dell’alchimia al leggendario Ermete Trismegisto (figura mitologica di sapiente in cui si fondevano il dio egizio Thot e il dio greco Hermes), nipote di Adamo vissuto, secondo la tradizione, prima del Diluvio universale; in suo onore, la disciplina fu definita anche “arte ermetica” o “magisterio ermetico”.

Nel Medioevo, l’alchimia era intesa come attività morale e religiosa (chiaramente cristiana) prima ancora che operativo-scientifica: l’arte alchemica non profanava l’opera divina, ma anzi la esaltava, riconoscendo la gloria di Dio nel Creato. La disciplina assunse così due aspetti fondamentali:

  • la segretezza delle conoscenze;
  • la costante presenza di un momento operativo di fianco a quello prettamente teoretico.

Proprio nel solco di una tradizione iniziatica risalente al Basso Medioevo si colloca l’opera di Domenico di Guzmán (1170-1221), fondatore dell’Ordine dei domenicani, che, secondo una leggenda, scoprì il secretum secretorum, la perfezione terrena, e cioè le varie fasi della preparazione della Pietra filosofale. San Domenico avrebbe poi rivelato l’arcano ad Alberto Magno (1206-1280), che a sua volta lo rivelò al suo discepolo, Tommaso d’Aquino (1225-1274). Stando alla leggenda, il segreto della Pietra filosofale, nel corso degli anni, sarebbe arrivato all’alchimista francese Nicolas Flamel (1330-1418).

A tutti questi personaggi (che non rappresentano che alcuni dei tantissimi nomi dell’alchimia medievale) sono stati attribuiti, nel corso dei secoli, diversi scritti riguardanti l’arte alchemica; nella stragrande maggioranza dei casi, si tratta di attribuzioni illecite e di opere apocrife, che gli studiosi di alchimia rivendicavano come scritte da grandi studiosi e filosofi per questioni di reputazione.

Hieronymus Bosch, Il concerto nell’uovo, 1561 circa, Palais des Beaux-Arts de Lille

Il tramonto dell’alchimia…

Durante il Rinascimento, le pratiche alchemiche assunsero i caratteri di interventi tecnici di trasformazione del reale-profano, sebbene la dimensione sacra ed esoterica della disciplina non si esaurì mai completamente.

Tuttavia, di lì a poco la Rivoluzione scientifica avrebbe determinato la definitiva scissione tra alchimia e chimica, riconoscendo esclusivamente a quest’ultima una valenza conoscitiva e soprattutto un carattere di razionalità. Ciò non toglie il fatto che anche molti scienziati moderni s’interessarono all’arte ermetica: lo stesso Isaac Newton (1643-1727) curò diversi manoscritti alchemici, riconoscendo, tra l’altro, in termini perfettamente accettabili dagli studiosi di alchimia, una segreto “sacro” e divino nella legge della gravitazione universale.

Comunque sia, la “Grande Opera” si avviava ormai al suo tramonto definitivo.

Illustrazione tratta da alcuni manoscritti alchemici di Newton

… e la sua nuova alba

Eppure, il fascino dell’alchimia non si spense mai del tutto: dopo l’Illuminismo, il pensiero alchemico fu riscoperto e letto sotto una nuova prospettiva, che sottolineava il valore dell’alchimia come modalità di pensiero volta a consolidare i rapporti tra uomo e natura (questo spiega la grande attrazione che i romantici nutrirono per la disciplina).

In tempi più recenti, Carl Gustav Jung (1875-1961) – autore, tra l’altro, di un saggio psicologico-filosofico intitolato Psicologia e alchimia (1944) – ha sottolineato lo stretto legame tra il mondo alchemico e gli archetipi culturali; secondo lo psicoanalista, l’alchimia deriverebbe da una sistematica ricognizione negli strati più intimi della psiche, volta a rigenerare l’Io.

Al di là degli orientamenti di pensiero più moderni, comunque, resta il fatto che l’alchimia ha esercitato un ruolo fondamentale nella storia del pensiero filosofico-scientifico occidentale: ancora oggi, l’arte ermetica continua ad affascinare scrittori, registi, filosofi e studiosi, a dimostrazione del fatto che la “Grande Opera” non ha mai perso la sua potente carica suggestiva.


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