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Voldemort: il nemico invisibile

5 Novembre 2022 greg-past 6 min read

Voldemort: il nemico invisibile

5 Novembre 2022 Ignotus 6 min read

Vi siete mai chiesti quante volte compare Voldemort nei libri e nei film? La risposta è: meno di quanto si pensi. Di Lord Voldemort se ne sente parlare sin da La Pietra Filosofale, ma lo si vede solo alla fine del libro/film. Questo atteggiamento timidino è ricorrente da parte del Signore Oscuro e non solo narrativamente. Colui-che-non-deve-essere-nominato resta schivo anche dopo aver preso pieni poteri e ciò lo rende ancora più pericoloso. Scopriamo in questo articolo l’invisibilità, narrativa e concreta, del più grande mago Oscuro di tutti i tempi.

La figura di Lord Voldemort è praticamente onnipresente nella saga, ma se andiamo a guardare le comparse fisiche del personaggio non sono poi così numerose. La prima apparizione è quella del primo libro. Nel secondo e nel terzo non si ha alcuna visione dell’alter ego di Tom Riddle. Il ricordo che vediamo ne La Camera dei Segreti non è da considerare: non è Voldemort in persona, ma solo una reminiscenza della sua anima.

Voldemort è una comparsa!

Noi poveri babbani abbiamo dovuto aspettare il quarto capitolo della saga per poter tremare davanti alla figura, reale e completa, del Signore Oscuro: il finale de Il Calice di Fuoco è uno dei momenti più spaventosi sia nel libro, sia nel film ed è il debutto di Lord Voldemort. Da qui in poi aumentano le parole sull’antagonista principale, ma per rivederlo “di persona” (non contiamo i flashback, i ricordi o i discorsi su di lui) dobbiamo aspettare la fine del capitolo successivo.

Il Principe Mezzosangue è l’apoteosi dell’invisibilità di Voldemort: nel libro (e purtroppo molto meno nel film di cui abbiamo elencato i peggiori difetti in questo articolo) non si fa altro che parlare di Tom Riddle, delle sue origini e di come è diventato il terribile mago che è. Nell’ultimo capitolo della saga, ovviamente, vediamo spesso Voldemort, così come anche la sua fine. Insomma, l’antagonista principale di Harry Potter si nasconde nell’ombra per la maggior parte della saga lasciando nel lettore/spettatore una paura e una curiosità crescenti.


Antiche tecniche

Dal punto di vista narrativo tenere un personaggio così importante dietro le quinte potrebbe sembrare controproducente. La verità è che molte delle più grandi opere letterarie hanno un protagonista che se ne sta nell’ombra e lascia che la storia ruoti intorno alla sua figura. Il caso più emblematico è l’Iliade.

La celeberrima opera di Omero getta le fondamenta per la narrazione moderna: nonostante la sua antichità, l’Iliade contiene tutti gli espedienti narrativi a cui ogni scrittore ricorre. Lo scrittore Alessandro Baricco ha studiato e rielaborato il capolavoro epico e ha portato alla luce un aspetto narrativo molto interessante che possiamo ritrovare anche nella saga di Harry Potter e soprattutto ne Il Principe Mezzosangue.

Alessandro Baricco

L’Iliade fa confusione di protagonisti

Baricco sostiene simpaticamente che il nome Iliade è quasi inappropriato: la protagonista ufficiale del poema è la guerra di Troia (città conosciuta anche col nome di Ilio dal quale prende il nome l’opera), ma la narrazione non fa altro che ruotare attorno ad un personaggio tanto nominato quanto poco visibile. Stiamo parlando di Achille, il vero protagonista dell’opera che, secondo Baricco, avrebbe forse dovuto chiamarsi Achilleide.

L’eroe greco rimane dietro le quinte per la maggior parte della narrazione poiché si rifiuta di prendere parte alla guerra. Tutti i personaggi, greci e troiani, sono a conoscenza della grande forza di Achille e sanno anche che se il re di Ftia entrasse attivamente nel conflitto questo si concluderebbe con l’inevitabile sconfitta dei troiani. Ma Achille se ne sta seduto nella sua tenda e lascia che a combattere siano gli altri re greci e i loro soldati, inoltre non permette neanche ai suoi soldati (i feroci Mirmidoni) di lottare.

Achille interpretato da Brad Pitt in Troy, di Wolfgang Petersen, 2004

Achille: la potenza di non esserci

Pochi sono gli spazi che Omero concede ad Achille e lascia che siano gli altri personaggi a delineare la figura della guerriero più temuto di tutti. Questo espediente narrativo radica nel lettore una forte aspettativa riguardo al semidio e permette all’intera storia di ruotare intorno al suo ruolo. Achille entra nel vivo della storia solo quando chi legge già conosce le sue grandi potenzialità, il suo carattere indomito e la sua saggezza.

Baricco definisce Achille come il nucleo energetico intorno a cui tutto si svolge. Insomma, senza Achille non ci sarebbe Iliade. E ciò che rende il tutto ancora più affascinante è il fatto che, tra tutti i personaggi, egli è tra i più marginali: un protagonista invisibile.

Achille trascina il corpo di Ettore attorno le mura di Troia, affresco di Franz von Matsch, 1820

Voldemort intermittente

J. K. Rowling mette in atto la stessa tecnica di Omero: instilla nel lettore il timore e il disgusto per una figura che poco si lascia guardare, ma che, prima o poi, tutti considerano potente e pericolosa. Traslando le considerazioni di Alessandro Baricco su Harry Potter possiamo dire che il nucleo energetico della storia è proprio Lord Voldemort. L’effetto di questa tattica è splendido: nel quarto film tutti rimangono estasiati nel vedere finalmente il cattivo di cui per tanto tempo si è parlato. Ma la Rowling esagera e così come ci mostra Voi-sapete-chi, ce lo nasconde nuovamente subito dopo lasciando qualche spazio in cui lo si può intravedere.

L’autrice di Harry Potter non usa l’espediente di Omero solo per fini tecnici: l’invisibilità di Voldemort ha un ruolo centrale anche nei fatti concreti della trama. Dopo il suo ritorno, il Signore Oscuro riprende a nascondersi nell’ombra così da non destare alcun allarme nella comunità magica. Egli vuole rimettere insieme il suo grande esercito di maghi, streghe e creature oscure. Ma Voldemort non vuole che lo si dimentichi e allora di tanto in tanto fa sparire qualche mago, uccide qualche babbano, compie attentati in luoghi pubblici del mondo magico e del mondo babbano.

Voldemort durante la battaglia dei Sette Potter

Il terrorismo dei Mangiamorte

I soli a gridare a gran voce il ritorno di Colui-che-non-deve-essere-nominato sono Harry e Silente (amici e colleghi annessi), ma restano inascoltati a causa della campagna di negazione che il Ministero mette in atto (abbiamo anche un articolo su come il Ministro ha gestito la crisi, lo potete leggere qui). Il risultato di questa concomitanza di avvenimenti è quello più sperato da Tom Riddle: la comunità magica è in preda al panico.

Un terrorismo psicologico sottile e ben architettato è quello che i Mangiamorte attuano e che Julia Turner ha ben interpretato su Slate (qui l’articolo originale). Nel suo articolo, la Turner fa un parallelismo tra il terrorismo così come lo conosciamo e quello che compiono i maghi oscuri ne Il Principe Mezzosangue. La giornalista mette in risalto come la Rowling, in un libro non più grosso dei suoi precedenti, riesca ad addensare il sentimento di paura e ansia di un’intera comunità grazie a espedienti che hanno realmente segnato la nostra società.

Attentato dei Mangiamorte ordinato da Lord Voldemort

Il cattivo c’è, ma non si vede

Che dire: J. K. fonde una tecnica narrativa di oltre 2500 anni fa con i temi più recenti della società, e tutto ciò lo realizza semplicemente nascondendo l’antagonista principale che diviene sempre più spaventoso e sempre più insormontabile.

L’autrice è spesso sotto bufere mediatiche e sociali che criticano i suoi comportamenti fuori luogo e offensivi, tuttavia è innegabile il talento con cui ha composto questa meravigliosa saga. Se la “persona” J. K. Rowling è da criticare, l’“autrice” non può che essere celebrata come le migliori di questo secolo.


Prima di Voldemort

La Rowling non rende invisibile solo Voldemort: a dire la verità non è lui il primo della saga su cui è utilizzata la tecnica di Omero. Ne Il Prigionero di Azkaban il lettore si addentra nella storia con crescente preoccupazione riguardo l’evasione di Sirius Black. Il libro si muove intorno alla figura dell’evaso e la storia si compone man mano che il personaggio di Sirius prende forma. Dalla figura di un pericoloso criminale si irradiano tutte le sotto trame e le descrizioni utili alla costruzione del passato e del presente.

Il colpo di scena magistrale arriva alla fine: quando si scopre che Sirius non è il feroce criminale che si pensava, ma un uomo ingannato e corroso dalla vendetta. Appena vediamo Sirius si concentrano in noi tutte le paure lievitate durante la lettura/visione e proprio quando stanno per prendere posto scompaiono, lasciando il posto a una grande sorpresa fatta di sollievo e compassione.

Somiglianze al centro delle storie

Sirius e Voldemort sono personaggi equivalenti dal punto di vista tecnico. Entrambi compaiono poco e entrambi consentono lo svilupparsi di una storia intorno a un perno fisso. Per fortuna Sirius ha ben altri motivi per nascondersi: il padrino di Harry infatti fa in modo che la sua latitanza passi nel modo più inosservato possibile, non vuole creare panico, non vuole creare allarmi. Tutto ciò che Sirius vuole è vendicare il suo amico e riabbracciare il suo figlioccio.


Concludiamo così questo piccolo approfondimento sull’invisibilità di Voldemort (che poi l’unico a riuscire a diventare veramente invisibile è Harry!). Ancora una volta abbiamo capito che nella nostra saga preferita nulla è lasciato al caso e anche la frequenza con cui un personaggio appare può fare la differenza tra un romanzo scadente e uno dal quale non riesci a staccare gli occhi.

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