Con qualche rara eccezione nei capitoli iniziali di alcuni libri, la saga letteraria è narrata soltanto dal punto di vista del suo protagonista, Harry Potter. Ma è stato davvero un bene, o ci siamo persi qualcosa che avremmo voluto conoscere più a fondo?
Proviamo a ragionare partendo dal motivo di questa particolare scelta.
La scelta di Harry come unico punto di vista
La scelta della Rowling di narrare il racconto in terza persona ma non cambiando mai punto di vista ci permette di esplorare il Mondo Magico seguendo i movimenti di Harry. In questo modo, mentre leggiamo ci immergiamo completamente nella sua avventura e scopriamo le caratteristiche del Mondo Magico man mano che le scopre il protagonista. Se stiamo leggendo i libri per la prima volta, quindi, la nostra conoscenza di questo mondo sarà la stessa di quella di Harry. Insieme a lui conosciamo personaggi più o meno strambi, esploriamo i meandri del castello, apprendiamo che esistono vari tipi di magie e di incantesimi e approfondiamo aspetti della vita dei maghi. Ciò che è ancora più importante, conosciamo i suoi stessi indizi quando si tratta di dover capire chi c’è dietro qualche malefatta.
Ci sono poche eccezioni, come nei capitoli iniziali del primo, del sesto e del settimo libro (il quarto inizia a Casa Riddle ma si tratta di un sogno di Harry), oltre alle partite di Quidditch del primo libro. In questo modo viviamo in prima persona il momento in cui Hermione dà fuoco al mantello di Piton nella sfida contro Serpeverde, incolpando il Maestro di Pozioni di gettare il malocchio sulla scopa di Harry, e il momento in cui Ron e Neville fanno a botte con la banda di Malfoy nella sfida contro Tassorosso. In tutti gli altri capitoli dei sette libri, gli eventi ci vengono raccontati come li vive Harry.
Immedesimarsi in Harry
La Rowling ha dichiarato di aver fatto in modo che Harry fosse uno “studente medio” e non uno che avesse capacità fuori dal comune per favorire l’immedesimazione del lettore con il protagonista. Ciononostante, una parte del fandom non digerisce alcuni comportamenti di Harry (ma in questo articolo parliamo di quanto il protagonista sia sottovalutato). Harry è troppo spesso impulsivo e fin troppo ribelle, ma come la Rowling ci fa capire nella dedica dell’ultimo libro, restare con Harry, anche se non è semplice, è la cosa giusta da fare. Alla fine, infatti, dimostra di avere un cuore puro, sacrificandosi per il bene del Mondo Magico.
Harry è un narratore imparziale?
Rileggendo con attenzione i libri, ci accorgiamo che le descrizioni che i libri ci danno sui vari personaggi sono inevitabilmente filtrate dal giudizio di Harry, dato che la voce narrante è la sua a tutti gli effetti, nonostante la terza persona. Harry, ad esempio, considera fin dall’inizio tutti i Serpeverde come gente da cui stare alla larga. Alla fine poi scopriamo tanti personaggi Serpeverde buoni, come Horace Lumacorno (di cui parliamo qui) e Regulus Black, e anche Severus Piton combatte dalla parte del bene, seppur per motivazioni personali. Eccezion fatta per Piton, che odia sin dal momento del suo primo sguardo, però, è raro che Harry abbia dei pregiudizi e le sue simpatie o antipatie sono, nella maggior parte dei casi, motivate.
Cosa ci siamo persi?
Mantenendo il punto di vista di Harry per sette anni, con qualche piccola interruzione, sono tante le cose che abbiamo perso per strada e di cui vorremmo sapere di più. Il primo pensiero va ovviamente ad alcune storie d’amore, come quella tra Lupin e Tonks, che si svolge quasi interamente fuori scena, insieme alla morte dei due personaggi. In tanti vorremmo conoscere qualcosa in più su Draco Malfoy e Pansy Parkinson, che sembravano più che una coppia di amici, ma sul loro rapporto sappiamo poco o nulla. Si sa soltanto che a un certo punto la storia è finita dato che Draco ha sposato Astoria Greengrass.
Abbiamo perso qualcosa, più di quanto può sembrare inizialmente, anche su Ron e Hermione. I due hanno passato dei momenti senza Harry, come all’inizio dell’Ordine della Fenice in cui Harry non sapeva che si trovassero a Grimmauld Place, oltre a ben due visite a Hogsmeade. Alla prima gita del terzo anno, quando Harry non aveva il permesso di andare. I due però erano troppo piccoli per pensare che sia successo qualcosa. Il discorso opposto vale però per la visita al sesto anno per l’esercitazione sulla Materializzazione. Harry era minorenne e non poteva sostenere l’esame. C’è anche da notare che solo pochi giorni prima Ron aveva tagliato i ponti con Lavanda.
Il settimo anno di Neville e compagni a Hogwarts
Questa “mancanza” dovuta al punto di vista scelto dalla Rowling merita un paragrafo a sé. Il momento del settimo libro in cui Harry si rende conto che è il primo settembre e non frequenterà la scuola è forse il più malincolico dell’intera saga:
“Ci sono ancora un sacco di Mangiamorte che sorvegliano la casa” raccontò a Ron. “Più del solito”. Come se sperassero di vederci uscire coi bauli di scuola per andare a prendere l’Espresso per Hogwarts”. Ron guardò l’orologio. “È tutto il giorno che ci penso. È partito quasi sei ore fa. Strano non esserci, eh?”. Harry si immaginò la locomotiva a vapore scintillare tra campi e colline, come lui e Ron l’avevano vista una volta dall’alto, un contorto bruco rosso acceso. Era certo che Ginny, Neville e Luna erano seduti nello stesso scompartimento, e forse si chiedevano dove fossero lui, Ron e Hermione, o discutevano la maniera migliore per sabotare il nuovo regime di Piton.
Doni della Morte, Capitolo 12
Il settimo libro ci fornisce una varietà di ambienti mai esplorata prima, ma è impossibile che prima o poi non ci prenda la nostalgia di Hogwarts. Avremmo voluto vedere Piton in veste di preside, Lumacorno in veste di Direttore di Serpeverde e soprattutto assistere alle lezioni del settimo anno. Era forse l’anno peggiore per essere a Hogwarts visto il regime dei Carrow, ma proprio per questo sarebbe stato interessante viverlo dall’interno. Possiamo solo immaginare quanta forza morale e fisica sia servita a Neville e ai suoi compagni per provare a rovesciare quel regime. Esiste però una scena dei Doni della Morte: Parte 1 che ci mostra proprio Neville sul treno per Hogwarts. Qui inizia a dimostrare il coraggio che lo renderà l’eroe del film successivo, rispondendo ai Mangiamorte che cercano Harry con un “Ehi sfigati, lui non è qui!“.
L’importanza di ciò che non viene detto
Lasciare aperte certe questioni, però, può dare spunti di riflessione che forniscono longevità alla saga. È proprio grazie ad esse se dopo più di dieci anni dalla conclusione della saga ci sono ancora delle discussioni su alcuni personaggi e sul perché delle loro azioni. Pensiamo ad esempio a Piton, il personaggio grigio per eccellenza, ma anche a Silente. Non sappiamo, infatti, cosa passava realmente per la testa di quei personaggi, ma possiamo dare una nostra interpretazione.
Per quanto riguarda le storie non raccontate, esse contribuiscono alla grandezza della saga quanto quelle raccontate, perché conferiscono profondità e stimolano l’immaginazione. Siamo noi a decidere come si sono svolti certi eventi e ognuno può fornire una versione o un’interpretazione diversa. Tutte possono essere vere allo stesso modo, anche se accadono nella nostra testa (come direbbe Silente!). Così possiamo immaginare che Neville abbia trascorso gran parte del settimo anno con Hannah Abbott. Oppure che Ron e Hermione durante quella gita a Hogsmeade si siano detti qualcosa di molto importante.
In ogni caso, se preferite cambiare il punto di vista, potete leggere la saga dal punto di vista di Piton e da quello di Neville. Oppure, se masticate un po’ di inglese, con quest’articolo di MuggleNet potete rivivere la notte dell’assassinio dei Potter dal punto di vista di Lily.