Fierobecco è senz’altro una delle creature fantastiche che preferiamo all’interno della Saga di Harry Potter. Come saprete, l’ippogrifo però non è invenzione della Rowling. Ci piacerebbe, dunque, ripercorrere la storia letteraria di questo affascinante animale e capire un po’ da dove arrivano gli antenati di Fierobecco.
A differenza di molte creature leggendarie che affondano le proprie radici nella mitologia antica, l’ippogrifo ha origini più recenti. Parliamo del XVI secolo, quando questa creatura è scaturita dall’immaginazione di Ludovico Ariosto. Tuttavia, prima di parlare di lui, occorre fare un passo indietro.
Tracce di ippogrifo
Se è vero che Ariosto ha inventato e delineato l’ippogrifo per come è presente nel nostro immaginario, è anche vero che lui stesso ha potuto trarre ispirazione da qualcosa di precedente. In primo luogo, si può individuare in Pegaso una sorta di antenato dell’ippogrifo. Pegaso è la figura mitologia di cavallo alato generata dal sangue di Medusa, cavalcata da Perseo e Bellerofonte.
La primissima menzione della parola ippogrifo si deve a Luciano di Samosata nella sua opera La storia vera, nel II secolo d.C. In quest’opera si fa menzione di ippogrifi che catturano i protagonisti per portarli al cospetto del re Edimonte.
Un altro spunto interessante può esser stato dato da Virgilio nelle sue Bucoliche, perché troviamo scritto: “Iungentur iam grypes equis” (Ecl. VIII, 27), ossia “si accoppieranno perfino i grifoni con i cavalli“. Di per sé, questa frase è stata utilizzata da Virgilio in senso metaforico per indicare qualcosa di indegno. Tuttavia, con ingegno smisurato, Ariosto potrebbe aver tramutato il tutto in qualcosa di concreto.
L’influenza di Boiardo e Pulci
Nell’Orlando Innamorato (1483) di Boiardo, Ruggiero racconta che il mago Atlante era solito condurlo a caccia di “bestie orrende e varie” e “Grifoni e pegasei”. Ancora una volta, dunque, l’immagine di grifoni e pegasi può essersi fusa nella mente di Ariosto per formare una creatura unica quale l’ippogrifo (qui potete trovare le varie citazioni letterarie sull’ippogrifo).
E nel Morgante (1478) di Pulci possiamo leggere della presenza di “un gran caval co’ denti e colle penne” (XIII, 51, 6).
L’ippogrifo descritto da Ariosto
A regalarci una completa e dettagliata descrizione dell’ippogrifo è Ludovico Ariosto nel suo Orlando Furioso (1516). L’ippogrifo è un animale doppio, figlio di una giumenta e di un grifone. Da entrambi ha preso delle caratteristiche. La testa, il becco e la parte anteriore del corpo sono quelle del grifone, mentre la metà posteriore e la coda sono del cavallo. L’ippogrifo è nato nei monti Rifei.
Anche la natura indomabile dell’ippogrifo, che ritroviamo nel comportamento di Fierobecco nella Saga di Harry Potter, viene delineata da Ariosto. Si dice infatti che il mago Atlante dovette compiere vari incantesimi per portare l’ippogrifo nel suo castello e che faticò moltissimo per cavalcarlo.
La prima apparizione “ufficiale” dell’ippogrifo, in cui la creatura viene descritta e chiamata per nome, è nel IV canto. Bradamante vede passare Atlante proprio in sella a un ippogrifo. Dopodiché la creatura comparirà più volte nel corso del poema e verrà cavalcato da Ruggiero e, in seguito, da Astolfo.
Dopo Ariosto, la sfortuna dell’ippogrifo
Nonostante la celebrità de L’Orlando Furioso, nella letteratura successiva questa figura non ricopre una posizione preponderante. Viene spesso citato strettamente in relazione ad Ariosto, come nel caso di Calvino in Orlando Furioso di Ludovico Ariosto raccontato da Italo Calvino oppure nel Manuale di zoologia fantastica di Borges.
A dar maggior risonanza a questa creatura fantastica è stata proprio la saga di Harry Potter. Dal terzo volume, infatti, vediamo Fireobecco, ribattezzato poi Alisecco per ragioni di sicurezza.
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