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Tra storia e mito: alla ricerca dell’unicorno (parte 1)

11 Maggio 2020 gian-tucc 4 min read

Tra storia e mito: alla ricerca dell’unicorno (parte 1)

11 Maggio 2020 Neville 4 min read

Qual è la storia dell’unicorno? Alla scoperta di una creatura leggendaria antica quanto il mondo, che non ha mai smesso di esercitare il suo fascino. Prima parte: dalle origini del mito al Medioevo.

L’unicorno, un simbolo senza tempo

Simbolo di nobiltà e purezza, cercato, avvistato, descritto e celebrato in ogni secolo, l’unicorno è sicuramente tra le creature leggendarie più conosciute. Animale favoloso della simbologia antica e medievale, esso è perlopiù rappresentato come un cervo bianco, con criniera di cavallo e un corno (solitamente a spirale) sulla fronte.

Negli ultimi anni, soprattutto sui social media, l’unicorno è diventato uno dei grandi protagonisti della cultura pop: associata a marshmallow e arcobaleni, questa creatura mitologica è stata elevata a immagine simbolo della tolleranza, dell’originalità, della magia, assumendo i caratteri di un’icona universale di un mondo fiabesco e incantato. Per non parlare delle riscoperte dell’unicorno nella letteratura (fantasy e non solo).

E così, ancora oggi questa creatura magica continua a emanare quel fascino che ha esercitato nelle epoche passate. Anche se nel corso dei secoli (o meglio, dei millenni) non è sempre stato associato a colori glitterati e tinte pastello…

Raffaello, Dama col liocorno, 1505-1506, Galleria Borghese, Roma

Le origini della leggenda

L’unicorno è una creatura mitologica antichissima: ci sono pervenute rappresentazioni di questa leggendaria bestia addirittura dalle antiche civiltà mesopotamiche e della valle dell’Indo; anche l’animale menzionato nella Bibbia come re’em, nei secoli, è stato più volte tradotto come “unicorno” (benché probabilmente si tratti di un bufalo selvaggio).

Le prime indagini circa l’origine della leggenda dell’unicorno risalgono ad alcuni scritti dello storico greco Ctesia di Cnido (V-IV secolo a.C.), che narra di un animale selvaggio con un corno dalle proprietà terapeutiche.

Molto probabilmente, la descrizione di Ctesia è l’esito del confronto di una serie di descrizioni male interpretate del rinoceronte indiano, il cui corno veniva utilizzato dai governanti di alcune regioni dell’India per fabbricare coppe in grado di rendere innocui i veleni. La presunta virtù curativa del corno di unicorno-rinoceronte è legata al fatto che a esso, sin dall’Antichità preclassica, era stato attribuito un significato sessuale (per via della forma “fallica”, si credeva che il corno di rinoceronte fosse un prezioso mezzo per ottenere potenza sessuale).

Ma, oltre che con il rinoceronte, l’unicorno potrebbe essere stato spesso confuso anche con orici arabe (simili ad antilopi), caprioli con un solo palco, antilopi alcine, addirittura capre domestiche con deformità nei tessuti; la questione è assai dibattuta, ma, vista l’abbondanza e la diversità delle fonti contenenti fantomatiche descrizioni di questa creatura, più di un’ipotesi sembra ammissibile.

Fregio raffigurante un unicorno nel palazzo Apadana di Susa (palazzo del re persiano Dario I), oggi in Iran, fine VI secolo a.C.

L’interpretazione cristiana

La leggenda dell’unicorno e il culto del suo corno giunsero ben presto nell’iconografia occidentale, nelle cui rappresentazioni il corno nasce dalla fronte dell’animale, sede dello spirito; in questo modo, soprattutto in virtù dell’influenza cristiana, l’originario significato sessuale del corno di unicorno-rinoceronte fu spiritualizzato e il suo potere curativo fu associato a proprietà mistiche.

L’unicorno divenne così simbolo di purezza e forza: l’interpretazione simbolica cristiana dell’unicorno risale ad antiche saghe e a testi devozionali paleocristiani ed è riportata in miniature e arazzi medievali che illustrano che esso può essere catturato solo con l’aiuto di una vergine pura, nel cui grembo esso si rifugia fiduciosamente; dopodiché, imprigionato dai cacciatori, è messo a morte. In questa simbologia si legge l’interpretazione del concepimento di Cristo da parte della Vergine Maria (scena che si svolge in un giardino chiuso o in un roseto e nell’ambito della quale l’angelo Gabriele sarebbe rappresentato come un cacciatore che spinge l’unicorno verso la Vergine con l’ausilio di cani da caccia, simboli delle virtù teologali o cardinali).

La simbologia cristiana dell’unicorno iniziò poi a caricarsi di ambivalenze (alcuni interpreti, riprendendo il Talmud, lo associarono alla malvagità; per San Basilio era il demonio), ma, in generale, l’interpretazione dominante fu quella che vedeva nella creatura un simbolo di virtù e fortezza.

Giorgione, Santa Giustina come allegoria della castità, 1510 circa, Rijksmuseum, Amsterdam

Tra bestiari e novelle: l’unicorno nel Medioevo

Tra il II e il III secolo d.C., ad Alessandria d’Egitto fu redatta una breve opera, il Fisiologo, contenente la descrizione simbolica di animali, piante e pietre, tutti presentati in chiave allegorica attraverso alcune citazioni delle Sacre Scritture.

Per quanto riguarda l’unicorno, nel Fisiologo è ancora descritta la funzione del suo corno come antidoto contro il veleno:

Prima che altri animali si abbeverino, si avvicina il serpente e sputa il suo veleno nell’acqua. Ma quegli animali, che lo sanno, non osano bere. Essi attendono l’unicorno. Questo arriva, entra subito nel lago e traccia il segno della croce con il suo corno. Ciò cancella l’effetto del veleno. Soltanto dopo che l’unicorno ha bevuto, bevono anche tutti gli altri animali.

L’interpretazione simbolica cristiana dell’unicorno venne in seguito riccamente raffigurata nei bestiari medievali, e la convinzione del potere antivenefico dei corni di unicorno ebbe una certa diffusione nell’Europa dell’“età di mezzo”. Nell’iconografia alchemica, si diffuse l’immagine dell’unicorno come simbolo dell’essenza originaria mercurius, che deve essere portata a unità superiore con il leone, sulphur.

Tuttavia, in alcune opere le caratteristiche e le particolarità solitamente attribuite all’unicorno vennero assunti dall’elefante: nelle novelle della raccolta Gesta Romanorum (fine XIII – inizi XIV secolo) si legge di un re che uccide un elefante addormentatosi sul grembo di una vergine nuda e che intinge il proprio mantello nel sangue dell’animale.

Illustrazione tratta dal Bestiario del Northumberland, ms. 100, fol. 11, 1250-1260, Jean Paul Getty Museum, Los Angeles

Ma il mito dell’unicorno non sarebbe certo scomparso; anzi, tra il Basso Medioevo e l’età umanistico-rinascimentale questa creatura avrebbe fatto parlare di sé come mai prima d’allora… Continua nella seconda parte.

Immagine di copertina: Domenico Zampieri detto il Domenichino, Vergine con unicorno, 1602 circa, Palazzo Farnese, Roma

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