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La saga di Harry Potter è un cerchio che si chiude

10 Febbraio 2020 gian-sarl 7 min read

La saga di Harry Potter è un cerchio che si chiude

10 Febbraio 2020 Newt 7 min read

Ci sono tantissimi elementi che tendono a legare a due a due i libri della saga. Il primo libro si lega all’ultimo attraverso una serie di parallelismi. E così accade per il secondo e il penultimo e, anche se in misura minore, per il terzo e il quinto.

L’eccezione è rappresentata dal Calice di Fuoco, che fa da “specchio” ed è l’elemento centrale della saga non solo per la posizione. Si ottiene quindi una sorta di simmetria.

Cosa lega il primo e l’ultimo libro

In entrambi i libri un oggetto centrale è una misteriosa “Pietra”. Nel caso del settimo libro, la Pietra della Resurrezione era inserita nel Boccino che Harry aveva catturato proprio nel suo primo anno. La stessa frase “mi apro alla chiusura” sembra emblematica di come tutto ritorna e si richiude.

Anche altri oggetti apparsi nel primo libro si rivelano fondamentali nella trama dei Doni della Morte, come il Deluminatore e la moto di Sirius Black. Questa volta Hagrid la usa per portare Harry via da Privet Drive, esattamente al contrario di sedici anni prima. Lo stesso Hagrid prende anche in braccio un Harry che tutti credono morto. Questa scena richiama quella del primo libro in cui il mezzogigante porta con sé Harry bambino a casa dei Dursley.

Impossibile a questo punto non pensare anche a Piton e al suo ultimo sguardo verso gli occhi di Harry. Il primo, quando Harry era appena arrivato a Hogwarts, era stato identico: l’aveva fissato negli occhi che aveva tanto amato.

L’ultimo libro ci fa anche riscoprire creature come Unci-Unci e Norberto, ormai un drago adulto al pari di quelli che sorvegliano la Gringott. A proposito, vi ricordate cosa si diceva nella Pietra Filosofale a riguardo? Che sarebbe da pazzi anche solo pensare di entrare nelle camere blindate della Gringott. E in effetti saranno proprio Harry e compagni a riuscirci.

Il vero parallelismo si ha però negli incontri tra Harry e Voldemort. Entrambe le volte i due si incontrano nella Foresta Proibita e Harry nella battaglia finale sopravvive ancora una volta all’Avada Kedavra. Nell’occasione viene chiarito anche il significato delle frasi che pronuncia Olivander nel primo libro sulla bacchetta che sceglie il mago.

E non solo: nella battaglia finale l’eroe inatteso sarà Neville Paciock, che alla fine del primo anno era stato inaspettatamente decisivo per la conquista della Coppa delle Case.

Sono inoltre gli unici due libri che coprono un arco temporale maggiore di un anno: circa dieci anni il primo, circa vent’anni il settimo.

voldemort warner appoggia prequel

Cosa lega il secondo e il penultimo libro

Durante il secondo e il sesto anno di Harry a Hogwarts accadono strani “infortuni” nella scuola, che vanno a colpire anche un membro del Trio. Entrambe le volte Harry pensa che ci sia Malfoy dietro questi attacchi, anche se aveva ragione solo la seconda volta. Per fare ciò, Draco ha usato degli oggetti apparsi proprio nella Camera dei Segreti: la Mano della Gloria, la collana di opali e l’Armadio Svanitore.

Harry e Malfoy, inoltre, duellano nel corso del loro secondo e sesto anno. Su questi due personaggi, però, si può fare anche un discorso un po’ più profondo: Malfoy nel sesto libro attraversa una crisi in qualche modo opposta a quella di Harry nel secondo. Harry a un certo punto crede di essere lui stesso l’Erede di Serpeverde, e quindi di non essere completamente buono, mentre Draco non riesce a uccidere Silente e crede di non essere completamente cattivo, o almeno di non avere il coraggio necessario per esserlo.

Entrambi troveranno conforto, anche se in maniera diversa, in Mirtilla Malcontenta e si serviranno entrambi della Pozione Polisucco. Tiger e Goyle nel Principe Mezzosangue la usano per trasformarsi in ragazze, mentre quattro anni prima Harry e Ron l’avevano usata proprio per assumere le sembianze degli scagnozzi di Malfoy.

Inoltre, le due trame ruotano attorno a una sorta di libro, in passato appartenuto a un Serpeverde che Harry già conosceva: una volta il Diario di Tom Riddle, l’altra il libro del Principe Mezzosangue. A proposito di Tom, in entrambi i libri lo vediamo apparire da ragazzo e conosciamo qualcosa di più del suo passato. Se nel secondo libro lui si definisce l’“erede di Serpeverde”, è nel sesto che questa sua discendenza viene chiarita e conosciamo i Gaunt.

Ci sono poi due creature che appaiono per la prima volta nel secondo libro e se ne vanno nel penultimo. Se per la spaventosa Aragog ci saranno rimasti male soltanto Hagrid e Lumacorno, il lamento della fenice Fanny è invece un momento di grande commozione.

Chiudiamo con le scene finali dei due libri. Entrambe si svolgono nelle estreme propaggini di Hogwarts, una volta nel punto più profondo (la Camera dei Segreti, appunto) e l’altra nel punto più elevato (la cima della Torre di Astronomia).


Cosa lega il terzo e il quinto libro

Il terzo libro si fonda sull’evasione da Azkaban di Sirius Black, evento che dà il titolo al libro stesso. Nell’Ordine della Fenice avviene un’altra importantissima fuga da Azkaban, questa volta da parte dei Mangiamorte.

Sia il terzo che il terzultimo libro iniziano con un uso improprio della magia da parte di Harry, che in qualche modo coinvolge un Dursley (prima zia Marge e poi Dudley). Proprio nell’attacco del Dissennatore ritroviamo il collegamento con il Prigioniero di Azkaban, in cui Harry fa la conoscenza di queste orrende creature.

Insieme al Dissennatore, non può mancare il Patronus. Durante il terzo anno, Harry impara a evocarlo da Lupin, nel quinto sarà lui a insegnarlo ai compagni dell’Esercito di Silente. Tale somiglianza è ancora più marcata nei film, in cui Harry utilizza quasi le stesse parole di Lupin.

Quelle sul Patronus, inoltre, erano lezioni private per Harry, alla pari di quelle di Occlumanzia di due anni dopo.

Riguardo Sirius Black, che appare principalmente nei tre libri centrali della storia, c’è ancora qualcosa da dire. Nel terzo Harry scopre la sua identità e nel quinto muore lasciando Harry senza l’unico collegamento che aveva con la sua famiglia. Un finale totalmente opposto a quello del terzo libro, in cui Harry ritrova tale collegamento e per un attimo è stato anche convinto di aver rivisto il padre, che in realtà era se stesso. L’illusione era data dalla Giratempo, e indovinate quando ricompaiono (e si distruggono) quelle del Ministero… esatto! Proprio alla fine dell’Ordine della Fenice.

E non è tutto. Sibilla Cooman pronuncia la sua seconda profezia verso la fine del terzo libro e riguarda il ritorno del Signore Oscuro e del suo servitore. In quell’occasione Silente dice proprio “e con questa le sue vere profezie salgono a due”. La prima, che era stata pronunciata anni prima, sarà l’elemento portante proprio del quinto libro.

Infine, alla fine del suo quinto anno scolastico Harry abbandona due materie che aveva iniziato proprio nel terzo: Divinazione e Cura delle Creature Magiche.


Perché il Calice di Fuoco è unico nel suo genere

Il Calice di Fuoco è un libro unico nel suo genere e rappresenta un cambiamento radicale nei toni della saga, che diventano più cupi e più duri, di pari passo con la crescita di Harry, che ormai non è più un bambino. Ci troviamo di fronte a qualcosa di completamente nuovo.

Ce ne accorgiamo quando compriamo il libro, e vediamo che contiene il doppio delle pagine dei tre precedenti, e ce ne accorgiamo anche quando iniziamo a guardare il film, con un’introduzione quasi spaventosa (musica compresa). L’evocazione del Marchio Nero sembra la prima conferma di tutto ciò.

Infatti alla fine accade qualcosa di totalmente inaspettato: il ritorno di Voldemort e la morte di Cedric Diggory. Non si tratta solo della prima morte a cui assiste un Harry consapevole, ma è anche il primo “finale amaro” della serie, che un po’ ci prepara a tutto quello che succede dopo. I primi tre, invece, avevano tutti un lieto fine. Con l’esistenza dei Thestral la Rowling ha evidentemente voluto sottolineare quanto sia stato traumatico per Harry quel momento.

Inizia tutto con la Coppa del Mondo di Quidditch, che già di per sé è un evento che non si ripete nei sette libri, che quell’anno si tiene proprio in Inghilterra. Ma c’è ben altro che rende unico questo volume della serie. Per la prima volta i confini del Mondo Magico si allargano: non esiste soltanto Hogwarts, ma altre scuole di magia. Capiamo anche che le azioni di Voldemort si estendono al mondo intero grazie a un esercito di Mangiamorte, a cui si contrappone quello degli Auror del Ministero.

Si tratta di un’annata indimenticabile nella storia di Hogwarts, e non solo per gli eventi che riguardano da vicino Harry. Il Torneo Tremaghi e il conseguente annullamento della stagione di Quidditch hanno reso molto particolare lo svolgimento di quell’anno scolastico. Inoltre, la partecipazione di un campione in più e le preoccupazioni di Silente lasciavano già presagire che nel Torneo non tutto stava andando secondo i piani.

Certo nessuno avrebbe immaginato che tutto questo avrebbe portato all’inizio della seconda guerra magica, evento centrale di tutta la saga, come centrale è il quarto libro della saga, in tutti i sensi.


E voi cosa ne pensate? Avete notato altri punti in comune tra questi libri? Scrivetelo nei commenti!

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