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Magie e cavalieri: il fantasy e l’epica cavalleresca

2 Agosto 2019 gian-tucc 4 min read

Magie e cavalieri: il fantasy e l’epica cavalleresca

2 Agosto 2019 Neville 4 min read

Nel suo abbondare di avventure, creature fantastiche e scontri feroci, il fantasy è giustamente considerato un erede della tradizione epica.

Vediamo in che senso.

Come nasce il fantasy

L’immaginario fantasy deve molto alla letteratura medievale e, più in generale, a tutta la grande tradizione epico-cavalleresca. Non è nostra intenzione ripercorrere la lunga e complessa storia del fantasy; ci interessa piuttosto chiarire i motivi in virtù dei quali è possibile riconoscere, in questo genere letterario, diversi aspetti che hanno a che fare con il grandioso mondo dei poemi epici.

Difatti, benché oramai si tenda ad affermare che il genere epico sia andato incontro, da tre secoli a questa parte, a un inesorabile tramonto, i suoi motivi hanno continuato a plasmare la narrativa, e continuano a farlo. Il fantasy, difatti, costituisce un filone del genere fantastico, caratterizzato da due elementi fondamentali:

  • quello avventuroso, che si ispira alle leggende e alle tradizioni popolari (soprattutto dell’epica medievale e nordica);
  • quello magico-fiabesco, che desume situazioni, personaggi e motivi dal mondo della fiaba.

Nell’ambito della narrativa dell’ultimo secolo, la fusione di questi due elementi ha dato impulso a una vastissima letteratura che, nutrendosi delle suggestioni del mito, della favola e della fiaba e dei grandi cicli dell’epica classica e medievale, è approdata alle originali ed evocative soluzioni del fantasy.

Rappresentazione della battaglia di Roncisvalle, in cui, secondo una leggenda tramandata da diverse opere medievali (fra cui la Chanson de Roland, grandioso poema epico-cavalleresco), il paladino carolingio Orlando perse la vita

Maestri e allievi

Il maestro ispiratore di questa nuova letteratura fu John Ronald Reuel Tolkien (1892-1973), che nel suo capolavoro, Il Signore degli anelli (1954-1955), ha ripreso atmosfere, motivi ed elementi tipici della fiaba e delle grandi saghe nordiche.

L’opera di Tolkien ha generato una schiera di imitatori che, a loro volta, hanno dato i loro personali contributi al genere fantasy, servendosi di richiami alla storia medievale, al mito, alla tradizione fiabesca, ai racconti popolari, all’epica classica, a quella cavalleresca.

Le fonti della Rowling

Ecco che la Rowling attinge al repertorio tradizionale del genere fantastico, facendo ruotare la sua opera (come ogni fantasy che si rispetti, e come già funzionava per i poemi epici) sul motivo della lotta tra il Bene e il Male, e ricalcandone alcuni tratti tipici (peripezie dell’eroe protagonista, prove da affrontare, strumenti magici….). Ma sicuramente la Rowling, forte dei suoi studi letterari, si è servita anche di altre fonti: dall’epica classica al ciclo arturiano, dal poema dantesco alla mitologia, passando per i motivi del gotico (vampiri e licantropi vi dicono niente?) e dell’horror.

Si pensi all’ippogrifo: la Rowling trae questa figura mitologica dal mondo classico, ma a fornirne una prima completa descrizione letteraria fu Ludovico Ariosto (1474-1533) nell’Orlando furioso (1516), in cui il poeta riprende i temi fissati dalla tradizione epica precedente e a essi unisce motivi del tutto originali.

Ma se si parla di Ariosto, la mente c’impone un confronto letterario non con la Rowling, bensì con un altro autore fantasy di successo…

Martin, un Ariosto moderno

L’ambientazione delle vicende narrate da George R.R. Martin nelle Cronache del ghiaccio e del fuoco (si tratta dei libri de Il trono di spade, per chi non lo sapesse) ricalca quella del Medioevo feudale, e, nonostante la presenza di elementi fantastici (magia, draghi…), le vicende si muovono in un contesto assai realistico, reso tale anche dalla strabiliante tecnica narrativa dell’autore. Ogni capitolo è narrato dal punto di vista di un personaggio; è per questo impossibile identificare un protagonista principale o intuire chi sia dalla parte dei “buoni” e chi da quella dei “cattivi”: spetta al lettore immedesimarsi in un personaggio e parteggiare per quello, sperando che riesca a sopravvivere alle insidie dei nemici. I personaggi sono multisfaccettati, ognuno con un passato sorprendentemente intricato, aspirazioni e ambizioni: si muovono tutti indipendentemente, spinti dalle proprie passioni e dai propri desideri.

Già in questo è possibile cogliere un’analogia col capolavoro di Ariosto. Il poema, difatti, delinea l’immagine di una realtà labirintica, all’interno della quale i numerosissimi personaggi si muovono per soddisfare i loro desideri più vari e si fanno portavoci di varie prospettive sulla realtà: la pluralità di voci (in virtù della quale si parla di “narrazione polifonica”), l’assenza di un vero e proprio fulcro della narrazione, fanno in modo che si crei un “pluralismo prospettico”; non vi sono prospettive definitive, modi univoci d’intendere la realtà, esattamente come per il mondo creato da Martin.

E ancora: ad accomunare Ariosto e Martin, oltre alla complessità della trama, vi sono il distacco dalle vicende narrate, la tensione a un incredibile realismo e il gusto per la narrazione in sé (che non prevede la ricerca di significati trascendenti, ma anzi costituisce il punto di partenza per un’approfondita riflessione sui valori contemporanei).

Dalle Cronache del ghiaccio e del fuoco: lo scontro tra Robert Baratheon e Rhaegar Targaryen durante la Battaglia del Tridente

Nuovi scenari

Se parliamo di fantasy e mitologia classica, non si può non citare la saga di Percy Jackson, partorita dalla penna di Rick Riordan, a cui si deve la geniale intuizione di aver unito l’immaginario fantastico contemporaneo alle grandi vicende del mito greco.

L’opera di Riordan rientra tra gli esiti più recenti del fantasy, genere che, a partire dall’ultimo decennio, è andato incontro a diverse sperimentazioni, volte a dar vita a opere del tutto innovative: sono nati diversi filoni ibridi, nessuno dei quali, tuttavia, pare riesca a imporsi con la stessa grandezza dei capolavori dei decenni passati. Probabilmente, il progressivo allontanamento dai canoni fissati dalla tradizione, definito dal tentativo di liberare il genere dei suoi cliché, implica anche una dissolvenza di quel fascino che deriva proprio dal mondo dell’epica, a cui il fantasy – in definitiva – non potrà mai fare a meno di attingere.

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