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L’Ickabog: ecco la nostra recensione

9 Dicembre 2020 davi-tarp 7 min read

L’Ickabog: ecco la nostra recensione

9 Dicembre 2020 Sirius 7 min read

Dopo essere entrati in un altro fantastico mondo partorito dalla mente di J.K. Rowling, siamo pronti a dirvi cosa ne pensiamo de L’Ickabog. Se non sapete di cosa stiamo parlando, vi invitiamo a leggere quest’altro articolo.

Così come il bene, il male può assumere svariate forme. Potrebbe nascondersi in un oggetto, in una persona, in un gesto e manifestarsi più o meno violentemente. Leggendo questa fiaba ho capito a fondo il significato del suo titolo. “Ickabog”, infatti, è un termine in inglese arcaico che significa “senza gloria”. Vi spiegherò ciò che mi ha trasmesso questo libro molto particolare, ma prima di iniziare mi sembra giusto avvisarvi:

ATTENZIONE, POSSIBILI SPOILERS PIÙ AVANTI!

Le aspettative

Inutile nascondervelo: dopo aver scritto ben due articoli riguardo l’uscita de L’Ickabog, la mia curiosità si è intensificata esponenzialmente. Immaginavo questo libro come un degno compagno di scaffale de Il Piccolo Principe. Certamente lo è, ma non trovo che L’Ickabog sia in grado di eguagliare lo splendido racconto di Antoine de Saint-Exupéry.

Illustrazione di Katherine, 10 anni

Ciò non significa che le mie aspettative siano state tradite. L’Ickabog è colmo di messaggi profondi e forti che potrebbero passare in secondo piano agli occhi di un bambino ma che, per ragazzi e adulti, sono deliziosamente inseriti tra le righe. Se voleste leggere la trama de L’Ickabog, la trovate in quest’altro articolo.


Una fiaba o un thriller?

Consiglierei la lettura di questo libro in tre parti. Non vi indicherò le pagine “limite” delle parti in questione, perché trovo sia affascinante arrivare a un certo punto e pensare: “qualcosa sta cambiando”. La prima e l’ultima parte sono le più brevi e fiabesche. Nella prima vi è una magnifica descrizione del Regno di Cornucopia, mentre la terza lascia spazio all’epilogo con tanto di lieto fine.

Un altro silenzio seguì le parole di Scaracchino, un silenzio freddo e pesante. Ora tutta la Guardia Reale aveva ben chiara la scelta che si profilava davanti. I soldati soppesarono mentalmente l’enorme influenza di Scaracchino sul re e il fatto che il maggiore Blatta stava accarezzando minacciosamente il calcio del fucile, cosa che fece subito ricordare loro la morte improvvisa del loro capo, il maggior Raggianti.

L’Ickabog – Capitolo 17

La parte centrale è quella che mi ha davvero stupito e mi ha fatto più volte pensare: “sto davvero leggendo una fiaba? A me sembra un thriller!”. Tradimenti, menzogne, omicidi, paura, omertà, corruzione, desolazione, solitudine. Tutti argomenti trattati non esattamente alla leggera, che ti tengono incollato alle pagine.


Il peso di una menzogna

Tralasciando per un attimo la figura mostruosa dell’Ickabog, la fiaba non è a tutti gli effetti lontana da una possibile realtà. Certo, credere che esista un Regno davvero perfetto è irreale ma, se immagino Cornucopia come un territorio medievale i cui abitanti varcano raramente i confini esterni, posso immaginare che l’apparente perfezione sia in realtà una mancanza di alternative. In poche parole, i cornucopiani non conoscono altro all’infuori del loro Regno e, per questo motivo, credono che esso sia insuperabile.

L’Ickabog è un racconto in cui viene evidenziato ottimamente lo stato psicologico di ciascun personaggio. In particolare, il libro si concentra sul concetto di “menzogna” e i suoi effetti nella vita delle persone. Alcuni personaggi arrivano a mentire a loro stessi e ciò può essere sia un bene, quando si convincono, ad esempio, che i loro cari non sono morti (come nel caso di Robi e Margherita), che un male, come le false convinzioni di Re Teo sul suo stesso conto.

Illustrazione di Rahul, 12 anni

Proprio quest’ultimo sentirà il peso di un intero Regno cadergli addosso. Una vera e propria Spada di Damocle (disegnata in copertina, di cui parleremo dopo) rappresentata dalla dubbia esistenza dell’Ickabog. Re Teo si illude di avere il controllo e di poter prendere qualsiasi decisione egli voglia, ma in realtà è solo una marionetta e non il burattinaio. Quest’ultimo aspetto l’ho trovato davvero interessante e credo sia stato fatto trasparire al meglio.

Nessuno avrebbe mai più detto che lui era egoista, vanitoso e crudele! Per il bene di un ingenuo, vecchio pastore puzzolente e del suo inutile bastardino lui, Re Teo il Temerario, avrebbe dato la caccia all’Ickabog! Certo, il mostro non esisteva, però era comunque molto bello ed eroico da parte sua andare fino all’altro capo del paese, di persona, solo per dimostrarlo!

L’Ickabog – Capitolo 10

Il Male è insidioso, ma può essere sconfitto

In questo libro ci viene presentato il Male con la “m” maiuscola, che si mostra in svariati contesti politici e sociali. Il lettore “assiste” all’agonizzante declino di Cornucopia, che passa dalla felicità a un caos controversialmente calmo e silenzioso. La fiaba, inoltre, strizza l’occhio ai concetti di “mafia” e “corruzione”. La scelta di un narratore onnisciente la trovo molto azzeccata in quanto, personalmente, mi sono sentito sia appagato che impotente nel conoscere dettagliatamente i piani di Lord Scaracchino e non poter fare nulla, se non abbandonarmi alle disastrose conseguenze delle sue azioni.

Illustrazione di Paige, 12 anni

Da vera fiaba che si rispetti, tuttavia, L’Ickabog ha un lieto fine che vede il Bene trionfare sul Male. Il fatto che l’Ickabog muoia durante la Nascenza è un fatto naturale secondo il libro, ma l’Icker (il “genitore”) viene ucciso da Flappone poco prima di dare alla luce i suoi due Ickaboggoli. Per questo motivo, il primogenito attacca violentemente Flappone, uccidendolo. Alla fine del libro verrà “domato” e imparerà a non attaccare gli esseri umani, proprio come il secondogenito.

Quel che vi ho appena descritto è un po’ il fulcro di questo libro. Noi tutti siamo responsabili del Bene e del Male presenti nel nostro mondo. Sebbene vi siano individui “ciechi” ed egoisti che generano il Male credendo di fare del bene, bisogna stringere i denti ed essere coraggiosi, per far sì che il Male si trasformi in Bene. Questa è la chiave di lettura che mi sento di dare a L’Ickabog.


Il verdetto finale

Vivevano nel regno più felice del mondo. Che cosa avrebbe mai potuto fare di male l’Ickabog?

L’Ickabog – Capitolo 2

Questa è una fiaba assolutamente non banale, scorrevole e intrigante. Certamente è indirizzata a un pubblico di piccoli lettori, ma sa far riflettere in maniera profonda anche gli adulti. Ho fatto varie pause durante la lettura, meravigliato dalla facilità con cui le vicende narrate trovino parallelismi con la realtà. Alla fine del libro ci si porta a casa un’esperienza completa; una piccola gemma da custodire con cura nella propria libreria. Gemma ulteriormente impreziosita dalle illustrazioni realizzate da svariati bambini, alcune delle quali sono davvero impressionanti.

Vedere un Regno “dall’alto”, come se esso fosse chiuso in una scatola, e testimoniare il suo evolversi, per poi fare uno zoom e concentrarsi sulle vicende di vari personaggi è dinamico e intrattenente. Forse, a mio gusto personale, avrei preferito che L’Ickabog rimanesse una bugia, per far capire ancora meglio il peso e l’influenza delle parole, specialmente quelle dette “a vanvera” o con secondi fini egoistici. Tuttavia, in questo modo non ci sarebbe stato un lieto fine e quindi accetto a braccia aperte il finale che J.K. Rowling ha deciso di dare a questa sua bellissima opera.


I dettagli della copertina

Per concludere questa recensione, vorrei parlarvi della copertina, che racchiude qualche significato nascosto. Badate bene, non so se questi dettagli siano esclusivamente frutto della mia ostentazione o se siano stati inseriti intenzionalmente, ma eccoli qui:

La copertina è tempestata di occhi. Nel corso della storia, come vi dicevo, si salta spesso da un personaggio all’altro e ciò offre interpretazioni sempre diverse e per questo, talvolta, contraddittorie rispetto a ciò che sta accadendo. Gli occhi, possono quindi simboleggiare i vari punti di vista che ci vengono presentati.

Gli unici risvolti dorati, se escludiamo il nome dell’autrice, sono solo tre: gli ornamenti della spada, a simboleggiare come la violenza sembri quasi giustificata in un contesto regale; la scritta “L’Ickabog”, che è la figura che viene continuamente nominata e che sovrasta, talvolta, qualsiasi discorso; un filo intrecciato, che rappresenta le vicende intricate (e spesso subdole) narrate.
Come mai, ad esempio, le monete d’oro e il calice di vino non hanno questo stesso risvolto? Beh, credo sia perché il regno di Cornucopia sembra spegnersi a un certo punto, lasciando spazio solo ai tre elementi sopracitati.

La scritta “L’Ickabog” ha due elementi particolari: sotto la “O” troviamo una corona, che potrebbe significare quanto il potere di una parola o di un concetto riesca a schiacciare fino quasi a eliminare l’integrità e la sicurezza di un sovrano. La penna che troviamo tra la “O” e la “G” simboleggia il fatto che L’Ickabog sembra essere frutto della fantasia o che, comunque, esso viene sempre descritto in maniera diversa a seconda di chi ne racconta le fattezze e le gesta.

Non è un caso secondo me che la spada, presente nella parte superiore della copertina, abbia la punta della lama rivolta verso il basso. Sembra quasi un richiamo alla Spada di Damocle, come ho scritto in un paragrafo precedente, a simboleggiare la precarietà del Regno e la fine dei giorni perfetti. Tuttavia, osservando i due fiori ai suoi lati, la spada sembra quasi conficcata nel terreno. Potremmo quindi dire che essa fa da sineddoche alla violenza, che distrugge tutto ciò che trova e fa “appassire i fiori”.


L’Ickabog è un libro che, lo avrete capito, vi consiglio fortemente di leggere. Immergersi in una fiaba per uscirne arricchiti è una sensazione che non provavo da diversi anni e J.K. Rowling mi ha dato, anzi, ci ha dato, la possibilità di catapultarci in un altro piccolo meraviglioso universo. Cosa state aspettando?

Il Sito Ufficiale de L’Ickabog

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Sirius
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Serpeverde 🐍 - Studente di Informatica (UNIPR) 💻🔵 - Polistrumentista 🥁 - Fotografo 📷

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