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Non solo l’anello dei Gaunt: la storia degli anelli magici – parte 1

25 Marzo 2025 gian-sarl 6 min read

Non solo l’anello dei Gaunt: la storia degli anelli magici – parte 1

25 Marzo 2025 Newt 6 min read

Uno degli oggetti più potenti del Mondo Magico è sicuramente l’anello della famiglia Gaunt, la cui maledizione ha sconfitto l’apparentemente invincibile Albus Silente. Non è però la prima volta, nella storia della letteratura, che un anello diventa un oggetto così potente, anzi si tratta di un cliché vecchio quanto il mondo.

Ripercorriamo quindi la storia di questi oggetti magici evidenziandone anche le varie somiglianze e differenze tra di essi.

I primi anelli magici

Fin dall’antichità, anche agli anelli “reali” venivano spesso conferiti dei poteri occulti o sovrannaturali, forse perché la loro forma circolare poteva rappresentare qualcosa a cui non si può sfuggire. Un esempio è quello dell’anello di Pietroasele, rinvenuto nell’omonima città della Romania. Su di esso sono incise delle antiche rune (sì, esatto, proprio i caratteri dell’alfabeto germanico che si studia anche a Hogwarts), che rimanderebbero ai Goti.

Il filosofo greco Platone menziona invece l’anello di Gige, re della Lidia, che avrebbe avuto il potere di rendere invisibile chi lo indossa. Ne Le mille e una notte vengono spesso utilizzati per evocare i jinn, noti anche come geni, anche dal personaggio più famoso di questi racconti, Aladino. Inoltre, al biblico re Salomone è spesso attribuito un anello in grado di controllare i quattro elementi della natura. Esso presentava un sigillo con la forma di un doppio triangolo, che poi sarebbe stata la nota Stella di Davide.

L’anello di Gige (da friedrich-verlag)

Andvaranautr

Un anello molto simile a quelli che troveremo più avanti è Andvaranautr, appartenente al folklore norreno. Esso aveva la capacità di produrre oro e aveva questo nome perché era stato fabbricato dal nano Andvari. Possiamo dunque già notare una caratteristica che, come vedremo, diventerà un cliché. I nani si dimostreranno abili artigiani in grado di forgiare tali oggetti, ma saranno anche molto attratti da essi. I Nibelunghi (Andvari era uno di essi) avrebbero iniziato questa tradizione.

Il nano cadde poi nell’inganno di Loki, il dio dell’astuzia al quale è chiaramente ispirato l’omonimo personaggio della Marvel, e fu costretto a cedergli l’anello, non prima però di averlo maledetto. In tal modo, l’anello portò soltanto distruzione ai suoi possessori. Lo stesso Loki ucciderà per sbaglio il nano Ótr, mentre il fratello di quest’ultimo, Fáfnir, riuscirà a impossessarsi dell’anello, ma solo per diventare uno spaventoso drago malvagio.

Fáfnir in forma di drago a guardia del suo tesoro (da Vikings of Valhalla)

Fáfnir verrà poi ucciso da Sigfrido con una pugnalata al ventre, in maniera simile al duello tra Smaug e Bard l’Arciere ne Lo Hobbit di Tolkien (ne abbiamo parlato qui). Lo stesso Sigfrido cadrà vittima della maledizione e il suo matrimonio con Brunilde non andrà a buon fine, finché l’anello non tornerà nel fiume Reno, lì dove era stato preso l’oro con il quale era stato forgiato. Quella su Andvaranautr, come vedremo, è soltanto la prima di una lunga serie di maledizioni poste sugli anelli.


Draupnir, l’anello di Odino

Ancor più importante nella mitologia norrena è la storia di Draupnir, l’anello di Odino. Furono, neanche a dirlo, due nani a forgiarlo, Eitri e Brokkr, in seguito a una scommessa di Loki, il quale sosteneva erroneamente che i due fratelli non sarebbero mai riusciti a creare e donare a Odino degli oggetti di valore simile alla nave Skíðblaðnir.

I due fratelli vinsero la scommessa forgiando Gullinbursti (un maiale dorato), lo stesso Draupnir e Mjöllnir, il famoso martello di Thor, anch’esso ben noto ai fan della Marvel. Il potere di quest’anello d’oro era quello di far scaturire ogni nove notti altri otto anelli identici. Quest’anello era quindi in grado di fornire una ricchezza pressoché illimitata, essendo l’oro il metallo prediletto dagli dei nella mitologia norrena.

Draupnir (da Mythology Wiki)

L’anello di Angelica nell’Orlando Innamorato (Matteo Maria Boiardo)

Torniamo per un attimo tra i banchi di scuola, anche se a qualcuno questo potrà non piacere. Eppure, leggendo l’Orlando Furioso scoprirete che esso possiede molti tratti dei moderni romanzi fantasy. Troviamo infatti maghi, castelli incantati, un ippogrifo (ne abbiamo parlato qui) e persino un anello che rende invisibili.

Più propriamente, però, a “inventare” quest’anello, che conferiva l’immunità da ogni incantesimo quando infilato al dito e l’invisibilità quando messo in bocca, non era stato Ariosto, ma Matteo Maria Boiardo nel suo Orlando Innamorato, del quale il Furioso rappresenta ciò che oggi chiameremmo sequel. Ad avere quest’anello era Angelica, della quale il paladino Orlando, come ci dice il titolo dell’opera, era follemente innamorato.

Orlando a cavallo del drago nell’Orlando Innamorato – di Emanuele Luzzati su Pinterest

Angelica dapoi prese partito
Di ricercare in questo tempo aiuto;
Lo annel meraviglioso aveva in dito,
Che chi l’ha in bocca, mai non è veduto.
Il sol sotto la terra ne era gito,
E il bel lume del giorno era perduto:
Torindo e Trufaldino e Sacripante
La damisella a sè chiama davante.

Matteo Maria Boiardo, L’Orlando Innamorato (1483), Libro I, Canto XIV, ottava 22

Angelica era dunque contesa da vari paladini e si serviva furbamente dell’anello per sfuggire ai pretendenti non desiderati. Il re saraceno Agramante riesce poi a impadronirsi dell’anello con l’aiuto di Brunello, un nano (vi ricorda qualcosa?) la cui statura non raggiunge i sei palmi, secondo la descrizione dell’Ariosto.

Orlando e Angelica (da didatticabadia.it)

L’anello di Angelica nell’Orlando Furioso (Ludovico Ariosto)

Tale anello ricopre un ruolo ancor più importante nell’Orlando Furioso. Qui, dopo il furto del gioiello, Agramante lo affida a Brunello stesso. Sarà poi Bradamante a riprenderlo, con il giusto intento di liberare l’amato Ruggiero, prigioniero del mago Atlante. Il forte valore simbolico di quest’oggetto, almeno nella sua funzione di annullamento degli incantesimi, emerge all’inizio del canto VIII:

Oh quante sono incantatrici, oh quanti
incantator tra noi, che non si sanno!
che con lor arti uomini e donne amanti
di sé, cangiando i visi lor, fatto hanno.
Non con spirti constretti tali incanti,
né con osservazion di stelle fanno;
ma con simulazion, menzogne e frodi
legano i cor d’indissolubil nodi.

Chi l’annello d’Angelica, o piú tosto
chi avesse quel de la ragion, potria
veder a tutti il viso, che nascosto
da finzïone e d’arte non saria.
Tal ci par bello e buono, che, deposto
il liscio, brutto e rio forse parria.
Fu gran ventura quella di Ruggiero,
ch’ebbe l’annel che gli scoperse il vero.

Ludovico Ariosto, L’Orlando Furioso (1516), Canto VIII, ottave 1-2

Astolfo sull’ippogrifo (da Listal)

Ariosto, che spesso apriva i suoi canti con una sorta di “proemio”, qui paragona gli incantesimi agli inganni che spesso riceviamo nella nostra vita. L’anello rappresenta il lume della ragione, l’unica arma in nostro possesso per riconoscere “il vero” e distinguerlo dagli ingannatori. Così ha fatto Ruggiero per riconoscere l’inganno della fata Alcina, anch’esso opera di Atlante, che appariva ai suoi occhi come una giovane donna di grande splendore.

Esso tuttavia tornerà nelle mani della stessa Angelica, dopo che Ruggiero, a bordo dell’ippogrifo, l’aveva salvata da una terribile orca. Nel palazzo di Atlante (canto XII), lei se ne servirà nuovamente per scomparire e ingannare i suoi pretendenti, Orlando compreso, per poi scegliere la compagnia di Medoro.

Ruggiero salva Angelica (Vincenzo e Michele de Barberis): qui Angelica furbamente recupera l’anello dal suo salvatore (canto XI) – da Orlando Furioso in Valtellina

Si arriva così al noto episodio della follia di Orlando, il momento in cui incontra Angelica e Medoro in Spagna. Lei che riuscirà a fuggire scomparendo dalla vista di lui grazie all’anello, lasciando sfogare la rabbia di Orlando sul cavallo di lei. Come tanti altri dispositivi nella fantasia e nella vita reale, l’anello era quindi un oggetto dalle tante funzionalità, che poteva essere usato per scopi buoni o malvagi a seconda del volere di chi lo utilizzava.

Caccia Angelica in fretta la giumenta,
e con sferza e con spron tocca e ritocca;
che le parrebbe a quel bisogno lenta,
se ben volasse più che stral da cocca.
De l’annel c’ha nel dito si ramenta,
che può salvarla, e se lo getta in bocca:
e l’annel, che non perde il suo costume,
la fa sparir come ad un soffio il lume.

O fosse la paura, o che pigliasse
tanto disconcio nel mutar l’annello,
o pur, che la giumenta traboccasse,
che non posso affermar questo né quello;
nel medesmo momento che si trasse
l’annello in bocca e celò il viso bello,
levò le gambe ed uscì de l’arcione,
e si trovò riversa in sul sabbione.

Ludovico Ariosto, L’Orlando Furioso (1516), Canto XXIX, ottave 64-65

Giambattista Tiepolo, Angelica e Medoro con i pastori, particolare (1757) – grazie a Meisterdrucke


Siamo soltanto all’inizio di questo grande viaggio nel tempo alla scoperta degli anelli magici. Se vi va di leggere il seguito della storia, potete cliccare qui.

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