A volte una chiave è in grado di aprire un vero e proprio mondo. Lo sa bene Harry, che nella sua vita da studente di Hogwarts si trova di fronte a molte porte…
Analizzando in profondità le pagine della saga, scopriamo che le chiavi, nel mondo magico, hanno un significato più profondo di quanto si possa pensare. Sin dal suo primo anno a Hogwarts, Harry rischia di rimanere bloccato in situazioni scomode per il semplice fatto di non avere a portata di mano la chiave giusta. Come vedremo, infatti, non sempre basta un semplice Alohomora.
Le chiavi volanti
Una delle prove che Harry, Ron e Hermione devono affrontare per raggiungere Raptor e la Pietra Filosofale è aprire una porta. Questa non sarebbe un’impresa poi così ardua, se solo la chiave in grado di aprirla non volasse, oltre a essere in mezzo a un’infinità di chiavi simili. Ecco quindi che Harry deve salire a bordo di una scopa volante, individuare la chiave con le ali più “usurate” e acciuffarla. Possiamo affermare che l’idea di Vitious di incantare le chiavi è brillante, ma evidentemente non molto efficace.
L’accesso alle camere blindate della Gringott
Il fatto che un mago, per aprire una porta, abbia bisogno di una chiave è abbastanza curioso, ma non in questo caso. Quando parliamo della Gringott (come abbiamo fatto, in modo più dettagliato, anche qui), parliamo infatti di uno dei posti più sicuri del mondo magico, e pertanto ci aspettiamo che sia a prova di Alohomora.
Quando Harry entra per la prima volta nella sua camera blindata, scopre di possedere una fortuna sulla quale i Dursley non possono mettere mano. La chiave, in questo caso, non apre solo la camera blindata, ma gli consente di entrare definitivamente a far parte di un mondo, quello magico, a cui appartiene sin dalla nascita.
Le Passaporte
Le Passaporte non sono chiavi, questo è vero (anche se effettivamente potrebbero esserlo). Tuttavia, la loro funzione è quella di collegare due luoghi differenti e, se non teniamo conto della distanza, questa è proprio la funzione di una porta. A sostegno di ciò c’è pure la parola originale, in inglese, che è “Portkey”, formata dalle parole “porta” e “chiave”.
L’esperienza di Harry con le Passaporte è ambigua. La prima volta, infatti, un vecchio stivale lo porta alla Coppa del Mondo di Quidditch, dove può rendersi conto delle peculiarità della popolazione magica mondiale. Successivamente, la Coppa Tremaghi lo conduce dritto da Voldemort, aprendogli le porte verso il suo destino.
Il baule di Barty Crouch Jr
Durante il quarto anno, per molte pagine abbiamo pensato di avere a che fare con il leggendario “Malocchio” Moody. Quello che insegna Difesa Contro le Arti Oscure agli studenti di Hogwarts è però il figlio di Bartemius Crouch, nonché Mangiamorte evaso da Azkaban. Il vero Alastor Moody è in realtà rinchiuso in un baule in quello che avrebbe dovuto essere il suo ufficio. Soltanto alla fine dell’anno scolastico viene ritrovato, dopo che Silente sblocca la settima serratura del mastodontico baule.
La passione per le chiavi dei Dursley
A pensarci bene, l’infanzia di Harry è stata un continuo susseguirsi di porte chiuse. Dai libri e manici di scopa rinchiusi nel sottoscala di Privet Drive, allo stesso Harry, che in più di una circostanza si ritrova in una sorta di cella, chiuso nella sua stanza, con addirittura la finestra sbarrata.
Gli zii di Harry tentano in tutti i modi di “soffocare” la magia che scorre nel sangue del nipote, nel vano tentativo di trasformarlo in un normale ragazzo babbano. I Dursley sottovalutano però la forza della magia, e di certo non si sarebbero mai aspettati che una Ford Anglia volante liberasse Harry dalla sua prigionia in Privet Drive. Possiamo quindi dire che Ron e i gemelli trovano la chiave, questa volta in senso simbolico, per salvare la vita di Harry da una noiosa esistenza babbana.
Di fronte a una porta chiusa, in conclusione, Harry trova sempre la chiave giusta per riuscire a raggiungere i suoi obiettivi. Quello che la saga ci insegna è di non arrenderci mai, anche laddove nemmeno un Alohomora può aiutarci.
Fonte: wizardingworld.com