Come narra l’ormai famosa storia, nel giorno del suo undicesimo compleanno un orfano di nome Harry Potter scopre di avere un dono che lo distingue dai suoi coetanei. Nel corso degli anni si trova ad affrontare le normali sfide dell’adolescenza. Ma anche minacce meno comuni, come combattere un mago assassino e psicopatico intenzionato a creare uno stato fatto dall’eugenetica.
Per quanto possa sembrare inverosimile, una nuova ricerca suggerisce che il mondo di elfi domestici, mezzi giganti e cani a tre teste della Rowling ha il potenziale per renderci migliori.
Con oltre 450 milioni di copie vendute, quella di Harry Potter è la serie letteraria di maggior successo della storia. Ma ha avuto anche i suoi detrattori. A contestarla sono stati soprattutto vari gruppi cristiani, secondo i quali propagandava il paganesimo e la stregoneria fra i bambini. Il critico letterario del Washington Post, Ron Charles, dal canto suo, ha definito la capacità di Harry Potter di far presa anche sugli adulti un brutto caso di infantilismo culturale, riferendosi alla contrapposizione, probabilmente semplicistica, bene contro male. Charles, e altri ancora, hanno anche parlato di una certa debolezza artistica nel carattere fortemente commerciale della narrazione. C’è poi chi ha rimproverato a Hogwarts di premiare solo talenti innati. C’è addirittura chi insinua che Harry Potter induca al satanismo, a questo proposito puoi leggere qui.
Tuttavia, un altro critico, Christopher Hitchens, pur non risparmiando giudizi negativi sul lavoro della Rowling, l’ha elogiata per avere “sganciato” la letteratura inglese per ragazzi da:
Sogni di ricchezza, classe e snobismo… E averci dato un mondo di giovanile democrazia e diversità, in cui l’umile figura del protagonista ha un nome che… Potrebbe benissimo appartenere a un sindacalista inglese.
Arguably: Essays by Christopher Hitchens: “Harry Potter: the Boy Who Lived”
Una crescente massa di dati indica che il campo dei sostenitori di Harry Potter potrebbe avere le sue buone ragioni. Leggere i libri della Rowling, almeno da giovani, potrebbe essere un bene.
Da decenni è noto che un mezzo efficace per migliorare atteggiamenti negativi e pregiudizi tra gruppi diversi è proprio il contatto tra quei gruppi. In particolare, il contatto tra gli in-groups, i gruppi sociali con cui ci si identifica, e gli out-groups, i gruppi in cui non ci si riconosce o che sono percepiti come una minaccia. Persino la lettura di racconti sull’amicizia tra persone che appartengono ai due tipi di gruppo è sufficiente per migliorare l’atteggiamento dei bambini verso i gruppi sociali discriminati.
Un nuovo studio pubblicato sul Journal of Applied Social Psychology ha scoperto che la lettura dei libri di Harry Potter in particolare ha effetti di questo tipo, probabilmente perché il protagonista è continuamente in contatto con gruppi discriminati. I babbani, per esempio, non sono molto rispettati nel mondo dei maghi perché non hanno alcuna abilità magica. I mezzosangue, o nati-babbani – maghi e streghe figli di un solo genitore con poteri magici – non se la passano molto meglio. Mentre il personaggio di Lord Voldemort crede che il potere debba essere unicamente nelle mani di maghi purosangue. È un Hitler col mantello da stregone.
I ricercatori, guidati da Loris Vezzali, dell’Università degli studi di Modena e Reggio Emilia, hanno condotto tre studi correlati.
Trentaquattro bambini delle scuole elementari hanno risposto a un questionario per valutare gli atteggiamenti verso gli immigrati. I ricercatori hanno poi diviso i bambini in due gruppi, che si sono riuniti una volta alla settimana, per sei settimane, per leggere brani di Harry Potter e discuterne con un assistente di ricerca. Un gruppo leggeva passaggi sul pregiudizio, come quello in cui Draco Malfoy, biondissimo mago purosangue, insulta l’amica di Harry, Hermione, chiamandola sporca mezzosangue. L’altro gruppo leggeva invece brani neutri, come quello in cui Harry compra la sua prima bacchetta magica.
Una settimana dopo l’ultima sessione, gli atteggiamenti dei bambini verso gli out-groups sono stati nuovamente valutati. È stato rilevato un notevole miglioramento negli atteggiamenti verso gli immigrati tra i ragazzini che avevano letto i brani sul pregiudizio. Gli atteggiamenti di chi aveva letto brani neutri, invece, non erano cambiati.
Naturalmente i fattori che plasmano i nostri atteggiamenti verso gli altri sono molti: i mass-media, i genitori, i coetanei, le convinzioni religiose.
Ma il lavoro di Vezzali conferma una ricerca precedente secondo cui leggere romanzi da piccoli può avere un impatto positivo sullo sviluppo della personalità e dell’empatia. S parla di letture che comportano il coinvolgimento nelle complessità sociali, culturali e psicologiche della vita. I romanzi che sviluppano temi e personaggi complessi sembrano indurre i lettori ad adottare o contemplare prospettive che altrimenti avrebbero potuto non prendere in considerazione. A quanto pare, la Rowling riesce a cogliere il bellissimo e complicato caos della vita in modi che potrebbero avere un’influenza significativa sul carattere dei nostri figli.
Il gruppo di Vezzali ha intenzione di continuare a studiare l’impatto della letteratura e di altre possibili forme di intervento per contrastare i pregiudizi. Nella speranza che un giorno abbiano un effettivo impatto culturale.
L’autore
Bret Stetka, laureato in medicina, è caporedattore di Medscape, un servizio di informazione e formazione per medici e operatori sanitari, e scrive di salute, alimentazione e scienza per diverse testate.
(L’originale di questo articolo è stato pubblicato il 9 settembre 2014 su www.scientificamerican.com)