L’inverno è nel pieno dei suoi giorni ormai e, col suo freddo e il suo buio, rischia sempre di intristirci un po’. Tuttavia, è anche il periodo migliore per trovare la scusa di rinvolgersi in una calda coperta, attaccarsi a una qualsiasi fonte di calore e ri-ri-ri-[…]-rileggere Harry Potter!
E’ anche vero che molte parti tristi caratterizzano la saga, soffriamo sempre per la perdita dei personaggi a noi cari, ma ci sono alcuni momenti che non possono far altro che scaldarci il cuore! Ecco alcuni di questi:
1. La McGranitt che regala a Harry una scopa.
Quando, come di consueto, i volatili invasero la Sala Grande, l’attenzione generale fu attratta immediatamente da un pacco lungo e sottile, trasportato da sei grossi barbagianni. Come tutti, anche Harry era curioso di sapere che cosa contenesse, e si stupì quando gli uccelli scesero in picchiata e lo lasciarono cadere proprio davanti a lui, facendo cadere per terra la sua pancetta affumicata. Quelli non avevano fatto in tempo ad allontanarsi, che ecco arrivare un altro barbagianni con una lettera, che lasciò cadere sopra il pacco.
Per fortuna, Harry aprì prima la lettera, perché dentro c’era scritto:NON APRIRE IL PACCO A TAVOLA
Esso contiene la tua nuova Nimbus Duemila, ma non voglio che gli altri sappiano che hai ricevuto in dono un manico di scopa, altrimenti ne vorranno uno anche loro. Oliver Baston ti aspetta questa sera alle sette al campo di Quidditch, per il tuo primo allenamento. M. McgranittHarry ebbe difficoltà a nascondere la gioia mentre porgeva il biglietto a Ron perché lo leggesse. ‘Una Nimbus Duemila!’ sospirò invidioso Ron. ‘Non ne ho mai neanche toccata una!’
2. La prima visita di Harry alla Tana.
‘Ci siamo!’ disse Fred quando, con un lieve sobbalzo, ebbero toccato il suolo. Erano atterrati vicino a un garage malandato, in un piccolo cortile, e harry vide per la prima volta la casa di Ron.
Aveva l’aria di essere stata, un tempo, un grosso porcile di pietra, ma qua e là erano state aggiunte delle stanze per un’altezza di diversi piani e, così contorta, la costruzione sembrava proprio reggersi in piedi per magia (il che, come Harry rammentò a se stesso, era probabilmente vero). Sul tetto rosso facevano capolino quattro o cinque comignoli. Su un’insegna sbilenca fissata a terra, vicino all’entrata, si leggeva: ‘La Tana’. Dietro alla porta principale, alla rinfusa, erano ammucchiati degli stivaloni di gomma e un calderone tutto arrugginito. Molte galline marroni ben pasciute andavano beccando qua e là per l’aia.‘Be’, non è un granchè’ disse Ron.
‘Ma è magnifica!’ esclamò Harry felice, pensando a Privet Drive.
Scesero dalla macchina.
‘Ora saliamo senza far rumore’ disse Fred ‘ e aspettiamo che mamma ci chiami per la colazione. Poi tu, Ron scendi già saltellando e dici: “Mamma, guarda chi è arrivato stanotte!”; lei sarà tutta contenta di vedere Harry e nessuno dovrà mai sapere che abbiamo fatto volare la macchina.’.
Uno spruzzo di un rosso luminoso saltò fuori dalla punta della sua bacchetta e colpì uno dei razzi. Invece di bloccarsi a mezz’aria, esplose con tanta forza che causò un gran buco in un dipinto di una strega dall’aria tonta nel mezzo di un prato; scappò giusto in tempo, riapparendo qualche secondo dopo schiacciata nel dipinto a fianco, dove un paio di maghi che giocavano a carte scattarono in piedi per farle spazio.
“Non stordirli, Gazza!” urlò la Umbridge adirata, esattamente come se fosse stato lui a fare l ‘incantesimo. “Ha ragione, Preside!” sibilò Gazza, che come Magonò non poteva né “stordire” i fuochi d’artificio né inghiottirli. Cozzò contro un armadio vicino, tirò fuori una scopa e cominciò a schiacciare i fuochi d’artificio a mezz’aria.; dopo pochi secondi il manico della scopa era in fiamme.
Harry aveva visto abbastanza; sghignazzando, precipitò giù, corse verso una porta che sapeva essere nascosta dietro un arazzo un po’ più avanti lungo il corridoio e entrò di soppiatto e vi trovò Fred e George che si nascondevano lì dietro, mentre ascoltavano, scossi per il riso soffocato, gli urli di Gazza e della Umbridge.“Impressionante!” disse Harry con calma, sorridendo. “Molto impressionante… voi manderete in rovina il Signor Filibuster, di sicuro…”
“Salve,” sussurrò George, asciugandosi lacrime di gioia dal viso. “Oh, spero che ora lei provi a farli scomparire … si moltiplicano di dieci volte ogni volta che ci si prova.”
I fuochi continuarono a bruciare e a diffondersi per tutta la scuola quel pomeriggio. Sebbene avessero causato disastri in abbondanza, in particolare i petardi, gli altri insegnanti non sembravano curarsene più di tanto.
4. Quando Ron e Hermione – finalmente – si baciarono.
«Un momento!» fece Ron, brusco. «Abbiamo dimenticato qualcuno!»
«Chi?» chiese Hermione.
«Gli elfi domestici, saranno tutti giù in cucina, no?»
«Vuoi dire che dobbiamo farli combattere?» domandò Harry.
«No» rispose Ron, serio. «Dobbiamo farli andar via. Non vogliamo altri Dobby, no? Non possiamo chiedergli di morire per noi…»Le zanne di Basilisco caddero con un gran fragore dalle braccia di Her-mione. Corse da Ron, lo abbracciò e lo baciò sulla bocca. Ron gettò via le zanne e il manico di scopa e rispose con tanto entusiasmo che sollevò Hermione da terra.
«Vi pare il momento?» gemette Harry debolmente. Ma quando non suc-cesse nulla, anzi Ron e Hermione si strinsero più forte e cominciarono a dondolare sul posto, alzò la voce. «Ehi! C’è una guerra là fuori!»
Ron e Hermione si separarono, ma rimasero abbracciati.
«Lo so, Harry» ribatté Ron, con l’aria di chi è appena stato colpito in te-sta da un Bolide, «quindi ora o mai più, no?»
DICIANNOVE ANNI DOPO
Quell’anno l’autunno arrivò presto. La mattina del primo settembre era croccante e dorata come una mela, e quando la famigliola attraversò la strada rumorosa verso l’enorme stazione fuligginosa, i fumi delle auto e il fiato dei pedoni scintillavano come ragnatele nell’aria fredda. Due grandi gabbie sbattevano in cima ai carrelli stracolmi spinti dai genitori; i gufi all’interno gridavano indignati e la bambina con i capelli rossi si trascinava in lacrime dietro i fratelli, aggrappandosi al braccio del padre.[…]
La cicatrice non gli faceva male da diciannove anni. Andava tutto bene.
FINE