Giorgio Lopez ricorda nella nostra intervista esclusiva il doppiaggio del maestro Olivander, interpretato dal compianto John Hurt nella saga di Harry Potter.
Il maestro di bacchette Olivander è stato sin da subito un personaggio molto affascinante per i lettori di Harry Potter, che hanno poi avuto il piacere di vederlo interpretato dall’immenso John Hurt. L’attore inglese nel corso della carriera è stato apprezzato soprattutto per aver portato a teatro tantissimi ruoli shakespeariani, oltre però ad aver vinto 4 BAFTA, 1 Golden Globes e due nomination all’Oscar per Fuga di mezzanotte ed Elephant Man.
John Hurt è stato molto fortunato in Italia, dato che la sua voce è stata affidata ad una vera e propria istituzione come Giorgio Lopez per quanto riguarda Olivander. L’attore e doppiatore, fratello tra l’altro del grande Massimo anch’egli attore e doppiatore, nel corso della carriera è diventato la voce “ufficiale” di grandi divi come Dustin Hoffman e Danny De Vito, oltre che naturalmente ad aver lavorato in moltissimi film d’animazione per la Disney. Noi abbiamo avuto il piacere d’intervistarlo in esclusiva, ecco cosa ci ha raccontato sul suo lavoro in Harry Potter (ha doppiato Olivander nel primo film e nei due capitoli conclusivi) e a proposito della sua carriera.
Sig. Lopez, ci racconta com’è nata la sua partecipazione in Harry Potter e la Pietra Filosofale?
“Il direttore del doppiaggio Francesco Vairano, con cui mi conoscevo da tanti anni, pensava che fossi la persona giusta per doppiare questo personaggio. Lui ha chiamato me sin dal primo film per fare il maestro di bacchetta Olivander, quindi sono entrato nella saga grazie a lui. Ora sta facendo meno doppiaggio, lui ha seguito la direzione di tutti i film della saga per cui deve essere stato un lavoro consumante. Per quanto riguarda John Hurt sono stato davvero fortunato a doppiarlo anche in Snowpiercer, che reputo un film meraviglioso”.
È un fan della saga?
“A me piace molto Harry Potter perché è una serie di romanzi che hanno avuto un grandissimo successo. Sono affascinanti perché portano il lettore ad entrare nel mondo del fantastico con la magia, sono in grado di affascinare anche i grandi”.
Come avete lavorato nell’adattamento dall’inglese all’italiano? La battuta di Olivander “è la bacchetta a scegliere il mago signor Potter” è diventata iconica.
“L’adattamento del primo Harry Potter all’epoca lo fece Vairano ed è stato molto attento a mantenere il senso originale. La battuta che diceva lei esisteva già in inglese, ma mi sono anche accorto come sia molto singolare e vera. Può riguardare non soltanto la bacchetta che sceglie il mago, ma può essere utilizzata in vari ambiti. Un esempio: ho sentito dire in questi giorni che è il libro che sceglie il posto dove essere messo. Quel libro vuole stare la, magari sulla libreria perché prima o poi vorrà essere consultato. Immagino che questa parafrasi con la bacchetta sia la stessa cosa. La bacchetta, un libro, sono cose talmente personale che sembra quasi che ti parlino. Se ti risponde vuol dire che appartiene a te, infatti Harry ne prova tante prima di trovare la bacchetta giusta come noi magari nella vita impieghiamo tanto tempo per trovare delle cose giuste”.
Eravate consapevoli di cosa stavate facendo mentre doppiavate il primo Harry Potter?
“Noi eravamo certi di fare qualcosa di importante, perché molti film nati da libri importanti se ben realizzati restando fedeli al testo hanno avuto successo. Harry Potter è stato realizzato da una produzione pazzesca, era impossibile non avesse un successo planetario”.
Ci sono altri libri che ama?
“Ad esempio aspetto ancora gli altri film della saga di Dan Brown, ho adorato tutti i romanzi con protagonista Robert Langdon. Quelli sono libri come Il Nome della Rosa, nessuno poteva pensare fossero tanto importanti ed invece sono diventati iconici. Ho avuto il piacere di partecipare ad esempio anche al romanzo de Il Nome della Rosa, una grande emozione. Quando il libro è importante e desta fascino è difficile che non abbia successo”.
Cosa si prova a prendere il testimone da un altro doppiatore? È accaduto ad esempio oltre che per John Hurt anche per il grandissimo Dustin Hoffman.
“In quel caso come nel film Sleepers Dustin Hoffman era stato doppiato ne Il Laureato da Gino La Monica, poi fu doppiato da Ferruccio Amendola. Nel film Sleepers c’erano sia De Niro che Dustin Hoffman, Ferruccio Amendola scelse di fare De Niro perché si sentiva più legato a lui. Loro pensarono che io fossi l’unico che potesse andare bene, da allora anche con Amendola ancora in vita ci siamo divisi De Niro e Hoffman in questo modo. Il pubblico magari si è abituato ad un tipo di voce, nel mio caso è andata bene perché il cambio è stato accettato da subito”.
Lei è anche il doppiatore del grande Danny De Vito, questo è un doppiaggio che porta avanti sin dai tempi del secondo Batman diretto da Tim Burton.
“Quando ho fatto Pinguino sembrava di recitare Riccardo III credo sia stato un lavoro eccezionale, l’ho fatto con grande passione. Danny ha una voce particolare ed è un attore pazzesco, recentemente sono stato felice sia tornato grande protagonista in Jumanji e Dumbo”.
La sua è una famiglia di artisti, che rapporto ha con i suoi fratelli?
“Io sono il primo dei cinque figli, Massimo è il terzo mentre il secondo è un medico. Poi ci sono Alessandro che si occupa di casting e un altro si occupa di voi organizzazione di eventi sportivi a Milano. Io ho cominciato a fare questo lavoro sin da giovane, ma papà voleva che entrassi in banca. Ho fatto il concorso per l’accademia quasi di nascosto. Hanno fatto di tutto per cercare di levarmi dalla testa il discorso dell’attore. Massimo mi seguiva in continuazione e l’ho presentato a Squarzina al teatro di Genova, io mi ero avvicinato a Roma lavorando anche al teatro Stabile dell’Aquila e lui ebbe lì un’occasione. Massimo è un grande talento ed è riuscito a farsi strada in maniera notevole. Lui poi ha fatto altre scelte andando in televisione e ottenendo più visibilità rispetto a me. Incontrando la Marchesini e Solenghi ha fatto un grande trio che ha fatto la storia. Noi siamo una famiglia di artisti, anche se avevamo poco a che fare con l’arte. Solo da parte di mamma avevamo qualche artista perché il fratello di mio nonno aveva una casa di produzione cinematografica “Bassano Film” e a Via Veneto c’è ancora l’insegna”.
Quanto è magico doppiare un cartone animato rispetto a un live action, ne ha fatti tanti.
“Se il disegno è bello fare i cartoni animati è molto bello. Dipende dal tipo di cartone, con la Disney si va quasi sempre sul sicuro. La differenza è che in America costruiscono il disegno sulla voce dell’attore e chiamano prima l’attore. Da noi purtroppo è l’inverso, partiamo dal disegno. Credo che per un bambino sia meraviglioso vedere un cartone animato carino, ne ho fatti diversi anche nei Disney come Biancaneve e Sette Nani e Zio Paperone. L’arte dell’attore è dare la magia, un po’ come il nostro Harry Potter. I classici Disney e il maghetto sono entrambi senza tempo, come dimostra lo straordinario successo di pubblico quando ripassano in televisione”.