Trovare un libro senza almeno una morte che ti fan disperare è come cercare di far fare una predizione azzeccata alla Cooman mentre è cosciente. Impossibile.
Si sa, la morte di un personaggio è qualcosa che ci colpisce e che contribuisce a rendere il libro ancora più emozionante. Anche se loro non sono reali, le emozioni che ci trasmettono sono sincere. Elisabeth Kübler-Ross è una psichiatra esperta nell’elaborazione del lutto e della sofferenza; il suo modello delle cinque fasi è celebre in tutto il mondo e in quest’occasione proveremo a utilizzarlo in un contesto meno serio (per fortuna) ma che colpisce tutti noi lettori.
Fase 1: diniego
«Forse non ho letto bene, magari torno indietro» oppure «Dai, non è morto davvero… adesso si rialza!» e infine «Finché non si parla del cadavere io non ci credo» sono tipiche frasi della prima fase che si affronta, quella dell’incredulità. Crediamo di aver letto male, addirittura per qualche pagina non ci accorgiamo della morte del personaggio. Andiamo avanti a leggere alla velocità di una Firebolt perché vogliamo sapere se sia morto davvero. Non ci diamo ragione dell’accaduto.
A volte è successo qualche mezzo miracolo: gente che resuscita o che riappare in un altro contesto, ma sono fatti più unici che rari. Inoltre, per qualche stranissima coincidenza i personaggi che tornano a vivere sono i più antipatici.
Fase 2: rabbia
«Perché proprio lui? Disgraziato, non potevi ucciderne un altro? Sadico!». Questa fase, come avrete capito, è caratterizzata da insulti giustificatissimi.
L’assassino lo conosciamo tutti: è lo scrittore. Non poteva farli vivere tutti? O almeno avrebbe potuto ucciderne altri! Queste domande ovviamente non trovano risposta. La rabbia si accumula a ogni morte e, passo dopo passo, ci ritroviamo sul punto di andare sotto casa sua con una motosega in mano.
Fase 3: contrattazione
Ai personaggi ci si affeziona e così, quando muoiono con un Avada Kedavra, buttati da 493394 metri o fatti esplodere, è come se morisse una parte di noi. A questo punto vogliamo appoggiarci a qualche motivazione che potrebbe giustificare la morte del personaggio. Si è sacrificato per il bene di qualcun altro? Non poteva accadere altrimenti? Se non fosse morto lui, sarebbe morto qualcun altro?
Fase 4: depressione
«È morto e non lo vedremo più». In questa fase ci rendiamo conto che dobbiamo dire addio a quel personaggio, con la consapevolezza di non incontrarlo più nelle pagine successive. In questa fase è bene riempirsi di cioccolato e tenere un pacchetto di fazzoletti a portata di mano.
Fase 5: accettazione
«Mi dispiace, ma vediamola così: poteva capitarci di peggio!»
In questa fase, molto difficile da raggiungere, riusciamo a vedere il lato positivo: sarebbe potuta morire più gente, oppure l’autore avrebbe potuto non scrivere mai di quel personaggio che abbiamo tanto amato. Certo, continuiamo ad affrontare fasi di rabbia o depressione, ma sono di solito isolate alla rilettura del libro o alla visione del film. I sentimenti si sono calmati, perciò anche questi momenti diventano più sopportabili.
Ti sei rispecchiato in qualcuna di queste fasi? Oppure ne hai passate di diverse?
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