La Saga di Harry Potter, nella sua complessità di scrittura e interpretazione, lascia spazio anche a meccaniche e a costruzioni stilistiche estremamente semplici. Una di questa è sicuramente rappresentata dal mondo magico in cui vive un elfo domestico
Tra tutte le creature inventate da J.K. Rowling, una delle più affascinanti è sicuramente quella dell’elfo domestico. Una razza che cercheremo di capire nel dettaglio in questo articolo, soprattutto nel modo in cui entra in relazione con la comunità magica.
Elfi domestici: tra Servitù e Scelte
Gli elfi domestici sono una razza magica che è difficilmente inseribile in una “comunità” costruita (la più grande risiede nelle Cucine di Hogwarts). Dall’alba dei tempi gli elfi sono costretti dai maghi all’asservimento; nessuno è a conoscenza della vera motivazione per cui siano stati legati indissolubilmente alla popolazione magica umana.
Possiamo supporre un incantesimo (o una serie di incantesimi da parte di diversi maghi antichi) o una dedizione da parte della razza stessa. La questione della volontarietà del servire una famiglia di maghi è stata ampiamente trattata in un nostro articolo. Se vuoi approfondire l’argomento, ti consigliamo di andare a leggerlo, in modo da capire anche tutti gli esempi sui vari elfi domestici trattati nella saga di Harry Potter.
Nonostante le similitudini cinematografiche, gli elfi sono estremamente diversi da Goblin e Folletti: portano una divisa sgualcita e sporca per tutta la loro vita e difficilmente trattano di questioni familiari importanti, a meno che lo stesso elfo non sia benvoluto dalla famiglia.
È infatti difficile trovare un apprezzamento vero e proprio, da parte dei maghi, nei confronti dell’elfo che sta servendo la casa magica, e in tutta l’epopea Potteriana incontriamo un solo cenno con Hokey, l’elfa di Hepzibah Smith (guardiana degli Horcrux di Tassorosso e Serpeverde).
La magia degli elfi: un patto con il diavolo
Sin dal secondo capitolo J.K. Rowling esplicita il grande potere magico degli elfi. Fa compiere a Dobby incredibili magie semplicemente con lo schiocco delle dita, o addirittura solo con il pensiero (come per la sparizione nel reparto di infermeria ad Hogwarts). Eppure in “Harry Potter e la Pietra Filosofale” era stata espressa la rigidità del “compiere magie”: non era un semplice agitare la bacchetta.
Sappiamo che la magia si adatta al personaggio, può essere incanalata dal mago, va studiata e appresa secondo rigidi canoni. Quindi come mai l’autrice permette agli elfi di “rompere” queste regole magiche così facilmente?
Supponendo l’assoluta volontarietà della Rowling, possiamo pensare che sia un parallelismo storico:
“Non sempre la razza più forte domina e non sempre questa riesce ad esprimere il suo enorme potenziale”.
“Non siamo più Homo Sapiens” – LaRepubblica
È quindi un fattore di similitudine con la storia culturale e sociale umana? Forse sì, o forse no, ma sicuramente è troppo facile affermare che gli elfi domestici siano semplicemente dei servi, perché sono molto di più.
Essere liberi è un lusso?
Durante lo svolgimento della narrazione, scopriamo quanto siano decisi gli elfi nel voler servire i propri padroni. È difficile per loro disobbedire, negare un ordine, addirittura parlar male della famiglia che servono (come per Dobby, costretto a punirsi dopo aver “quasi” insultato i Malfoy). Per quanto sia facile parlare di libertà per i Babbani (sí, proprio come te che stai leggendo questo articolo) e per i Maghi, non può essere considerata la stessa cosa per gli elfi domestici.
Chiaramente Dobby viene visto, sia da noi che dalla sua razza, come un “diverso”, un emarginato e un pazzo; notiamo, invece, la reazione di Winky quando il suo padrone menziona la parola “vestiti”.
Essere liberi è quindi un prezzo da pagare per gli elfi, significa non avere una vera ragione di vita, significa non poter trovare lavoro e non potersi inserire nella comunità magica, questione fondamentale per l’identità della loro stessa razza.
Donare la libertà
Leggendo il secondo capitolo con gli occhi di un bambino, è facile notare la bellezza e purezza del gesto che Harry compie per Dobby: liberarlo dall’agonia dell’asservimento e togliergli il peso dell’obbedienza.
Eppure, riflettendoci una volta riletto il capitolo (magari a qualche anno di distanza), notiamo quanto sia stato rischioso il dono del calzino nel Diario:
“Nessuno vuole un elfo domestico licenziato”
Harry Potter e il Calice di Fuoco
Poiché questo è sinonimo di un elfo disobbediente e non attaccato alle regole familiari.
La domanda che sorge spontanea, una volta letti gli avvenimenti successivi al Dono del calzino da parte di Harry, è “Ha fatto bene a donare la Libertà all’elfo?”. Sicuramente vediamo un Dobby contento, felice e libero di poter scegliere il proprio Destino, ma allo stesso tempo è una creatura emarginata dai propri simili, e difficilmente trova un lavoro come “elfo domestico a contratto”.
L’analisi del Dono delle Vesti
Cercando di dare una spiegazione più “analitica” alla simbologia della vestizione di un elfo domestico, incontriamo sicuramente qualche difficoltà. Dando una lettura adulta al brano, potremmo dire che un elfo non è mai stato libero di vestirsi come desiderava; dare un’alternativa al guardaroba di queste creatura potrebbe significare donar loro la capacità di scelta.
Per noi Babbani è facile alzarsi al mattino e dar per scontato il poter mettere un qualsiasi vestito o indumento; forse la Rowling cercava di dare una lettura critica mentre costruiva i personaggi elfici. D’altronde, la capacità di scelta (come decidere che abito indossare) non è essa stessa la possibilità di essere liberi?
Abbiamo notato quanti sfondi storici e culturali possiamo dare al mondo degli elfi domestici, e soprattutto quanto è opinabile la scelta di donare vestiti. Sareste voi in grado di scegliere per il bene di una così antica creatura magica? Nel caso incontriate un elfo domestico maltrattato, contattate Hermione Granger, presidentessa onoraria del C.R.E.P.A. (Comitato di Riabilitazione Elfi Poveri e Abbruttiti).